La ventilazione assistita controllata è laventilazione controllata con il trigger. La finalità di questa modalità di ventilazione è di erogare inspirazioni didimensione e durata prefissate, lasciando al paziente la scelta della frequenza respiratoria. E’ la modalità di ventilazione più utilizzata nel mondo (1) ed è quella utilizzata nei principali trial clinici sulla ventilazione protettiva nella ARDS (2,3). Infatti consente di erogare un volume corrente fisso (ad esempio di 6ml/kg) anche ai pazienti con drive respiratorio conservato.
Fonte: Ventilab.org
L’impostazione del ventilatore nella ventilazione assistita controllata può essere semplice ed insidiosa al tempo stesso. La ventilazione può essere volumetrica (assisted control ventilation, ACV), pressometrica(assited pressure controlled ventilation, APCV) o pressometrica a target di volume. E fino a qui tutto semplice.
La frequenza respiratoria che impostiamo definisce la frequenza respiratoria minima del paziente, che diventa operativa in assenza di triggeraggio. Inoltre, assieme al rapporto inspirazione/espirazione (I:E), identifica la durata del tempo inspiratorio. E qui iniziano le insidie. E’ infatti scorretto ragionare in termini di I:E nellaventilazione assistita controllata. Cerchiamo di chiarire il perchè con un esempio. Impostiamo una frequenza respiratoria di 12/min ed un I:E di 1:1: la durata di un ciclo respiratorio sarà di 5 secondi (60/frequenza respiratoria) ed il tempo inspiratorio sarà uguale al tempo espiratorio, cioè entrambi avranno la durata di 2.5 secondi. Ma questo sarebbe vero se facessimo una ventilazione controllata, cioè con la frequenza respiratoria decisa dal ventilatore e non dal paziente. Quando invece il paziente inizia a triggerare, perdiamo il controllo della duratadella espirazione, che terminerà quando il paziente deciderà di iniziare l’inspirazione successiva. La nostra impostazione però ci mantiene il controllo della durata dell’inspirazione, che nell’esempio che abbiamo fatto rimarrà di 2.5 secondi. Vediamo allora cosa succederebbe se quindi il nostro paziente assumesse il controllo dellafrequenza respiratoria con 20 atti al minuto. In questo caso la durata media di un ciclo respiratorio diventerà di3 secondi (60/20): essendo l’inspirazione di 2.5 secondi, all’espirazione resterà solo mezzo secondo (I:E realedi 5:1 invece dell’impostato 1:1). Un ottimo modo per mettersi nei guai!
La raccomandazione è quindi di utilizzare il rapporto I:E solo per ottenere un tempo inspiratorio appropriato(solo quest’ultimo resterà sempre costante), non prestando attenzione al valore impostato di I:E, poichè il I:E reale simodifica al variare della frequenza respiratoria del paziente.
Ma come stabilire quale è la durata ottimale del tempo inspiratorio? Sappiamo che il tempo inspiratorio fisiologico è nell’ordine di 1-1.5 secondi. Questo può orientarci nella scelta del tempo inspiratorio, ma non è per nulla sufficiente. Dobbiamo necessariamente valutare il monitoraggio grafico per comprendere l’interazione paziente-ventilatore.
Affrontiamo concretamente il problema. Vogliamo erogare ad un paziente 420 ml di volume corrente. Proviamo ad impostare una frequenza respiratoria di 12/min ed un I:E di 1:4. Ne risulterà un tempo inspiratorio di 1 secondo(ciclo respiratorio 60/12= 5 secondi; 1/5 del ciclo respiratorio in inspirazione= 1 secondo). Il paziente triggera 24 atti al minuto e qui di seguito sono riprodotte le curve pressione-tempo e flusso-tempo corrispondenti:
Valutiamo ora l’effetto dell’allungamento del tempo inspiratorio a circa 1,5 secondi (ottenuto con una frequenza respiratoria di 13 ed un I:E di 1:2). La frequenza respiratoria del paziente è sempre 24/min ed il monitoraggio grafico diventa come riportato qui sotto:
Quali informazioni ci offre ilmonitoraggio grafico? Quale delle due impostazioni ci induce a scegliere? Perchè?
Questo è il compito della settimana per gli oltre 2300 amici che seguono ventilab regolarmente. La prossima settimana darò la mia lettura del monitoraggio. Nel frattempo mi farebbe piacere ricevere pareri e commenti.
Un sorriso a tutti.
References.
1) Esteban A et al. How Is Mechanical Ventilation Employed in the Intensive Care Unit? Am J Respir Crit Care Med 2000; 161:1450-8.
2) ARDS Network. Ventilation with lower tidal volumes as compared with traditional for acute lung injury and the acute respiratory distress sindrome. N Engl J Med 2000, 342:1301-8
3) Villar J at al. A high positive end-expiratory pressure, low tidal volume ventilatory strategy improves outcome in persistent acute respiratory distress syndrome: A randomized, controlled trial. Crit Care Med 2006; 34:1311-8
Nel precedente post abbiamo analizzato l’importanza del tempo inspiratorionell’impostazione della ventilazione assistita controllata.
Oggi commentiamo il monitoraggio grafico dei due casi proposti. Per farlo cerchiamo di applicare il semplice approccio sistematico suggerito nei post del 20 agosto e del 29 agosto 2010.
Consideriamo la prima impostazione proposta nel post della scorsa settimana che determinava un tempo inspiratorio di 1 secondo. Qui sotto sono riprodotte le curve del monitoraggio grafico.
Il primo passo (A) richiede la selezione delle curve di pressione (pressione-tempo) e flusso (fusso-tempo). Ricordiamo che grazie a queste due semplici curve possiamo ottenere almeno il 99% delle informazioni che il monitoraggio grafico può offrire.
Nello step successivo (B) identifichiamo la fase inspiratoria sulla traccia di flusso, che si caratterizza come la parte di curva che rimane al di sopra della la linea dello zero. Includiamo anche la parte di curva che resta sulla linea dellozero prima dell’espirazione: questa rappresenta una pausa di fine inspirazione.
Ora vediamo cosa succede alla curva di pressione durante l’inspirazione (C): in questo caso la pressione, dopo un piccolo calo, aumenta rapidamente. La breve riduzione iniziale della pressione è il segno del triggeraggio del paziente, come ci attendiamo in tutte le ventilazioni assistite. Dopo il segno del trigger, identifichiamo un’assistenza inspiratoria con l’aumento della pressione nelle vie aeree. In questo caso si verifica immediatamente dopo il trigger. Quindi deduciamo che il paziente viene assistito efficacemente fin dalle prime fasi dell’inspirazione. L’analisi dell’onda di pressione è molto più articolata di quanto non sia proposto oggi. Ne parleremo in altre occasioni. Sono sicuro che gli amici che hanno frequentato il nostro Corso di Ventilazione Meccanica avranno riconosciuto tutte le caratteristiche di una ventilazione volumetrica con paziente poco attivo dopo la fase di trigger.
In questo grafico non riconosciamo nessun aumento di pressione verso la fine dell’inspirazione (D). Deduciamo quindi che il paziente non attiva i muscoli espiratori già durante l’inspirazione. Un segno di buon adattamento al ciclaggio (cioè al passaggio dall’inspirazione all’espirazione) programmato dal ventilatore.
Il flusso espiratorio (E) è decrescente ed accenna ad avere una concavità rivolta verso il basso, come avviene nelle espirazioni passive.
L’inizio dell’attivazione dei muscoli inspiratori (F) determina come una brusca interruzione dell’espirazione, se questa non è già stata completata. In questo caso vediamo che quando il flusso espiratorio si interrompe quando è tra 0 e -0,2 l/s. Un segnale indiretto di espirazione incompleta ed iperinflazione dinamica (PEEP intrinseca).
Ora analizziamo con lo stesso approccio il monitoraggio grafico con 1.5 secondi di tempo inspiratorio. Lo rivediamo qui sotto.
Dopo aver scelto le curve pressione e volume (A) ed identificato il periodo inspiratorio (B), vediamo cosa succede alla pressione durante l’inspirazione (C). Questa sale solo dopo la metà dell’inspirazione, e dopo essere scesa sotto il livello di PEEP (linea tratteggiata). Lamancata o ritardata salita della pressione durante l’inspirazione (o addirittura la sua riduzione sotto il livello di PEEP) sono un segno evidente di insufficiente supporto dell’inspirazione da parte del ventilatore. Nelle ventilazioni volumetriche questo avviene perchè il flusso inspiratorio è troppo basso rispetto al flusso generato attivamente dall’attività inspiratoria del paziente.
Vediamo che quando inizia la breve pausa di fine inspirazione, la pressione nelle vie aeree scende un istante e poirisale subito (D). Questo è un segno di attivazione dei muscoli espiratori durante l’inspirazione: il paziente inizia ad espirare quando ancora il ventilatore è in fase inspiratoria.
Il flusso espiratorio è passivo (E) ed anche in questo caso l’espirazione viene interrotta ed è incompleta (F) per l’attivazione dei muscoli inspiratori. Il flusso espiratorio si interrompe a circa -0.2 l/s, un valore più elevato rispetto al caso precedente.
Possiamo osservare come in questo caso il tempo inspiratorio sia più lungo del tempo espiratorio (nonostante avessimo impostato un I:E di 1:2). Questo favorisce sicuramente le asincronie ed il peggioramento dei segni di espirazione incompleta che abbiamo notato.
Riassumendo, è da preferire (in questo specifico caso) la prima impostazione (tempo inspiratorio di 1 secondo) perchè:
- durante l’inspirazione il paziente viene supportato in maniera più efficace
- il paziente non ha asincronia con il ventilatore nel passaggio tra inspirazione ed espirazione
- il ridotto tempo inspiratorio lascia più tempo per l‘espirazione che, seppur incompleta, lo è in maniera ridotta rispetto al tempo inspiratorio di 1.5 secondi
Quello che abbiamo visto oggi è solo un piccolo esempio delle tante informazioni che il monitoraggio grafico della ventilazione ci fornisce ogni giorno per ventilare meglio i nostri pazienti. Ce l’abbiamo sotto gli occhi e spesso non lo utilizziamo tutte le sue potenzialità. Gli amici che seguono ventilab avranno sempre più spesso spunti e stimoli per arrivare a padroneggiare anche questo strumento.
Ciao a tutti.
Tags: Rianimazione
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