- Risarcimento danni da trasfusioni o vaccinazioni obbligatorie
- ISS: Modifiche ed integrazioni del tariffario dei servizi resi a pagamento
- Assunzione di infermieri con falso titolo abilitativo
- Indice braccio-caviglia legato a nefropatia cronica
- Clostridium, il pericolo della ventilazione meccanica
- Superare la resistenza agli antibiotici
- Uno screening per abbattere le morti per aneurisma dell’aorta addominale
- Il TIA prima dell’ictus ha un effetto protettivo
Risarcimento danni da trasfusioni o vaccinazioni obbligatorie
In G.U. n. 221 del 23/9/2009 e’ pubblicato il decreto 28 aprile 2009, n. 132 recante Regolamento di esecuzione dell’articolo 33, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 e dell’articolo 2, comma 362, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 per la fissazione dei criteri in base ai quali definire le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti.
Istituto Superiore di Sanità
In G.U. n. 199 del 28/08/2009 è pubblicato il comunicato 28 agosto 2009 recante: Modifiche ed integrazioni del tariffario dei servizi resi a pagamento.
Assunzione di infermieri con falso titolo abilitativo
La valenza costituzionale del diritto alla salute è presente anche nella attività dell’infermiere, atteso che, anche tale professione prevede l’iscrizione obbligatoria ad un Ordine professionale. Tale diritto del cittadino è stato ritenuto leso da colui il quale, in concorso con altri, si procurava il titolo abitativo falso di diploma di infermiere professionale, e induceva in errore la dirigenza della clinica medica, che, a seguito di tanto, assumeva una persona carente dei requisiti necessari, e si procurava l’ingiusto profitto consistente nell’attribuzione della posizione lavorativa, del relativo stipendio, con pari danno per il servizio sanitario nazionale. Pertanto, è da ritenersi integrata la truffa in tutti i suoi estremi e non dovuta alcuna retribuzione per l’attività prestata, anche in considerazione della circostanza che il contratto stipulato tra le parti era nullo per illiceità della causa derivante dal contrasto con norme fondamentali e generali e principi basilari pubblicistici dell’ordinamento. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net)
Indice braccio-caviglia legato a nefropatia cronica
L’indice braccio-caviglia (Ibc), solitamente utilizzato per valutare la rigidità delle arterie degli arti inferiori, è indicativo di nefropatia cronica nei soggetti più anziani. “Le persone con malattia renale spesso hanno un’unica forma di deposizione di calcio nota come calcinosi mediana, che è distinta dall’aterosclerosi, ha una prevalenza maggiore nelle arterie a livello delle caviglie e dei piedi e può portare a eventi cardiovascolari attraverso meccanismi differenti rispetto all’aterosclerosi” afferma Joachim H. Ix della University of California, San Diego. Sono stati misurati Ibc e la funzione renale in 4.513 soggetti di età superiore ai 65 anni. Le misure dell’Ibc sono state suddivise in categorie: basso (<0,90), basso-normale (da 0,90 a 1,09), normale (1,10 a 1,40) e alto (>1,40 o incomprimibile). Nel complesso 1.042 soggetti (23%) erano nefropatici, 579 (13%) avevano un basso Ibc e 152 (3%) pazienti lo avevano alto. Dopo aggiustamento per vari elementi confondenti, la malattia renale è apparsa associata sia a bassi sia ad alti Ibc, indipendentemente dal fatto che fosse diagnosticata in relazione ai tassi di filtrazione glomerulare della creatinina o della cistatina-C. In particolare, pazienti con diagnosi basata sul filtrato della cistatina avevano un rischio quasi doppio di avere un indice <0,90 e maggiori di una volta e mezza di far rilevare indici >140. (A.Z.)
Journal of American College of Cardiology, 2009; 54:1176-1184
Clostridium, il pericolo della ventilazione meccanica
I pazienti sottoposti a trattamento prolungato con ventilazione meccanica acuta mostrano un rischio aumentato di malattia associata a infezione da Clostridium difficile. E poiché si tratta di casi in cui si ha una crescita dei tempi di degenza e dei costi, è opportuno effettuare in questa popolazione ospedalizzata misure aggressive per la prevenzione dell’infezione dal batterio. Ne è convinta Marya D. Zilberberg dell’University of Massachusetts (Amherst) che ha analizzato i dati di un archivio nazionale risalenti al 2005 e riferiti a 64.910 soggetti sottoposti a ventilazione assistita. Tra questi, il 5,3% aveva una diagnosi concomitante di malattia da C. difficile. La mortalità ospedaliera è risultata analoga nei soggetti con o senza infezione (32,6 e 33,0%, rispettivamente) ma nei primi si aveva una durata di degenza mediana sostanzialmente superiore, così come erano maggiori i costi e la probabilità di essere dimesso in un istituto con infermieri specializzati e non a casa. “Il tasso di infezione in questi soggetti, pari a 530 casi per 10mila ricoveri, è molto più alto rispetto a quello della popolazione ospedaliera generale, cioè 11,2 casi per 10mila. La contromisura più importante consiste nel ridurre l’uso di antibiotici quanto più è possibile, in particolare quelle classi note per selezionare il C. difficile, quali i chinoloni. (A.Z.)
Chest, 2009; 136:752-758
Superare la resistenza agli antibiotici
Un nuovo composto è in grado di bloccare un particolare stadio dello sviluppo della superficie della cellula batterica che finora non era mai stato utilizzato come bersaglio dagli antibiotici. La resistenza agli antibiotici rappresenta un problema sanitario significativo da più di un decennio. Ma, a dispetto della necessità di nuove opzioni terapeutiche, negli ultimi 40 anni sono state sviluppate solo due nuove classi di antibiotici. Ora una promettente scoperta dei ricercatori della McMaster University di Hamilton, nell’Ontario, Canada, ha individuato un punto di partenza per nuovi interventi sulle infezioni resistenti. Il gruppo della McMaster University guidato da Eric Brown, professore del Dipartimento di biochimica e scienze biomediche, ha utilizzato una particolare tecnica di screening su un gran numero di molecole per riuscire ad individuare quelle in grado di uccidere i batteri e per studiare successivamente i meccanismi biochimici in virtù dei quali ciò avviene. Grazie anche alla collaborazione con i colleghi del DeGroote Institute for Infectious Disease Research della stessa università si è così riusciti a identificare un promettente composto chimico, denominato MAC13243. Gli antibiotici convenzionali distruggono i batteri bloccandone la produzione della membrana cellulare, del DNA o delle proteine: l’MAC13243 è in grado di bloccare un particolare stadio dello sviluppo della superficie della cellula batterica che finora non è mai stato utilizzato come bersaglio dei composti antibiotici. “Siamo molto soddisfatti del risultato”, ha commentato Brown, primo autore di un articolo di resoconto apparso sulla rivista “Nature Chemical Biology”. “Aver trovato un nuovo bersaglio terapeutico in una parte finora non sfruttata della fisiologia batterica consente di affrontare il problema in modo del tutto innovativo: poichè è in grado di colpire batteri resistenti ai farmaci in un modo differente rispetto a aquanto fanno gli antibiotici, il nuovo composto protrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti per superare la resistenza di alcuni tipi di microrganismi.”
UNO SCREENING PER ABBATTERE LE MORTI PER ANEURISMA DELL’AORTA ADDOMINALE
Gli esperti della Societa’ di chirurgia vascolare ed endovascolare (Sicve), che ieri i hanno aperto il loro congresso nazionale a Milano lanceranno su tutto il territorio nazionale, entro i primi mesi del 2010, una massiccia campagna di screening dell’aneurisma dell’aorta addominale rivolta agli italiani tra i 65 e gli 80 anni, i piu’ a rischio.
L’aneurisma è una dilatazione progressiva di un segmento di un’arteria, che è stata causata da un’anomalia della parete del vaso sanguigno. La diagnosi avviene spesso per caso, o quando ormai si manifestano le complicanze. Risulta determinante poterla evidenziare precocemente al fine di programmare un percorso terapeutico appropriato.
Per questo, afferma il presidente Sicve Maurizio Puttini, ‘e’ indispensabile promuovere iniziative strutturate di monitoraggio, in particolar modo sulla popolazione a rischio, per evitare possibili esiti fatali della malattia’. L’efficacia dello screening e’ dimostrata da diversi studi clinici: lo studio Mass, in particolare, ha registrato una riduzione della mortalita’ del 44% dopo 4 anni. Obiettivo dello screening in cantiere è quello di scovare, prima che sia troppo tardi, i portatori ignari di aneurisma aortico addominale, monitorarli e trattarli adeguatamente quando necessario. In collaborazione con i principali centri di chirurgia vascolare, verra’ data la possibilita’ ai cittadini che rientrano nella fascia d’eta’ a rischio di sottoporsi a visite specialistiche gratuite complete di ecografia per valutare il diametro dell’aorta addominale e individuare l’eventuale presenza dell’aneurisma.
IL TIA PRIMA DELL’ICTUS HA UN EFFETTO PROTETTIVO
Prepara i vasi sanguigni cerebrali a sopportare l’evento ischemico più forte
Uno studio diretto da Daniel Hackam della University of Western Ontario di Londra pubblicato sulla rivista Neurology ha dimostrato che un ictus su otto e’ segnalato da un evento ischemico meno grave che puo’ essere considerato un preallarme e fare in modo che l’ictus stesso quando arriva sia meno grave.
Il segnale di preallarme e’ dato dal cosiddetto attacco ischemico transiente (TIA) che ha gli stessi sintomi dell’ictus vero e proprio, ma che dura per un tempo di non piu’ di 24 ore.
Gli esperti hanno coinvolto nello studio 16.400 pazienti andati incontro a un ictus e ricoverati per questo motivo nella struttura londinese nell’arco di quattro anni. Di questi 2032, ovvero il 12,4%, hanno avuto un TIA precedentemente all’ictus.
I neurologi hanno rilevato che gli ictus che si verificano senza essere preceduti da un TIA sono piu’ gravi e invalidanti. Quando infatti l’ictus si presenta senza preavviso e’ piu’ probabile il decesso del paziente (15,2% contro il 12,7%), i soggetti colpiti sono piu’ a rischio di arresto cardiaco mentre sono in ospedale (4,8% contro il 3,1%) ed hanno minore probabilita’ di essere dimessi e maggior rischio di aver bisogno di un ricovero in lunga degenza per la riabilitazione, (40,1% contro il 43,1).
Secondo gli esperti, i TIA preparano i vasi sanguigni cerebrali dell’individuo a sopportare l’attacco ischemico piu’ forte che si presentera’ in seguito e quindi, di fatto, sono eventi protettivi.
Tags: Anestesia, Diritto, News, Rianimazione
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