Terapia italiana contro la sepsi severa
In Italia si registrano ogni anno 26 mila casi di sepsi severa, con una mortalità del 40%, e 6.500 casi di shock settico, con mortalità di circa il 70%. A livello mondiale, si verificano ogni giorno 1.400 casi di decessi legati alla sepsi. Dalla ricerca italiana arriva però una risposta mirata: si chiama Cpfa (Coupled Plasma Filtration Adsorbtion) ed è un sistema terapeutico innovativo, sviluppato da Bellco, azienda di Mirandola (Mo). I significativi i risultati preliminari in termini di abbattimento di mortalità per shock settico (dal 70% al 40%) e di riduzione tempi di degenza per la patologia, a oggi tra le principali cause di mortalità in terapia intensiva, sono stati discussi nei giorni scorsi a Firenze durante il simposio ‘A targeted response to sepsis: practical experiences and clinical research’, organizzato in occasione del Congresso mondiale della World Federation of Societies of Intensive and Critical Care Medicine (Wfsiccm). La sepsi – informa una nota di Bellco – è uno stato patologico grave dovuto a un processo di infezione diffuso in tutto l’organismo attraverso la moltiplicazione nel sangue dei batteri di un originario focolaio localizzato. È spesso conseguenza di traumi, interventi chirurgici, ustioni o gravi patologie. Rappresenta una condizione clinica di non facile diagnosi e di gestione complessa, in costante e incisivo aumento (+1,5% anno), per la quale si distinguono tre stadi consecutivi: sepsi, sepsi severa e shock settico. Circa il 60% dei casi di sepsi evolve in sepsi severa, di cui lo shock settico è la più grave complicanza.

Mobbing per ritardato incarico
Un medico ormai in pensione, assumeva di essere stato ingiustamente privato per circa dieci anni della nomina a primario di Chirurgia d’urgenza. Nel 2001 il sanitario veniva in effetti assegnato alla funzione apicale della divisione, prestandovi servizio fino al suo pensionamento e quindi per soli due anni rispetto ai dodici cui avrebbe avuto diritto. Secondo il Tribunale Amministrativo Regionale di Milano, l’acclarata illegittimità ed ingiustizia del comportamento posto in essere dal datore di lavoro, protrattosi per più di dieci anni, va necessariamente attribuita non alla negligenza, ma ad una “deliberata ac prava voluntas” dell’apparato amministrativo il quale, nonostante avesse a disposizione un lavoratore in possesso degli specifici requisiti, in linea con la posizione apicale vacante nella divisione di Chirurgia d’urgenza, preferiva caparbiamente affidarla a soggetti non provvisti dell’idonea professionalità pur di non attribuirla al ricorrente, persistendo in tale atteggiamento per un lungo periodo di tempo anche in presenza di specifiche pronunce giurisdizionali. Il TAR ha sottolineato come da un tale comportamento vessatorio nei confronti del medico, dovesse ritenersi essere certamente scaturito un danno, costituito dalle diverse componenti che la giurisprudenza civilistica ha efficacemente enucleato (biologico, morale, esistenziale, professionale. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net).

Efficacia estesa per tadalafil nell’Ipertensione Polmonare
Recentemente approvato dalla Fda per il trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare (Pah) sulla scorta delle evidenze positive emerse dallo studio Phirst-1 (Circulation, 2009; 119:2894-903) e in fase di valutazione da parte dell’Emea per l’autorizzazione per l’impiego con questa specifica indicazione anche in Europa, tadalafil ribadisce la capacità di controllare la sintomatologia, allungare il tempo di progressione della malattia e ridurre l’incidenza di peggioramento, con complessivo miglioramento della qualità di vita, estendendo la validità del trattamento su un periodo protratto. I dati provenienti dallo studio Phirst-2, presentati al Congresso dell’European society of cardiology (Barcellona, Spagna, 29 agosto-2 settembre; Oudiz R et al. Esc 2009, P5173), segnalano infatti come l’inibitore selettivo delle fosfodiesterasi di tipo 5 sia in grado di mantenere fino a 68 settimane l’efficacia, già dimostrata a 16 settimane in Phirst-1, nel potenziare la capacità d’esercizio, sia in soggetti mai trattati in precedenza sia in pazienti già in terapia con bosentan. L’azione terapeutica e di tipo dose-dipendente e il maggior dosaggio testato (40 mg/die) è risultato associato ai benefici più significativi, specie quando il trattamento è intrapreso precocemente. (R.F.) (Esc 2009  http://www.escardio.org).

Basso peso neonatale: dubbi sull’uso dello zinco
L’integrazione dello zinco potrebbe non essere utile nei bambini nati di basso peso neonatale in ospedale ed a termine. Il basso peso neonatale comporta uno scorretto status dello zinco, ma non si sa molto sugli effetti dell’integrazione di questo elemento.   Questi deficit sono stati attribuiti a fattori quali scarse scorte corporee, limitata capacità di assorbire e trattenere micronutrienti associata ad un aumento delle loro perdite endogene a causa dell’immaturità d’organo, elevata richiesta di nutrienti per supportare la crescita compensatoria, ed infine inadeguatezza dell’apporto di zinco causata dall’allattamento al seno esclusivo. In base a quanto rilevato, però, l’integrazione dello zinco non porta ad alcuna riduzione dei tassi di morbidità o a miglioramenti nella crescita fisica, almeno nei bambini nati in ospedale ed a termine. Sono comunque necessarie ulteriori indagini sulla comunità con vari dosaggi di zinco. (Am J Clin Nutr. 2009; 90: 385-91).

Diabete: antipsicotici aumentano glicemia
Gli anziani diabetici che ricevono una prescrizione di medicinali antipsicotici per la prima volta presentano un aumento del rischio di iperglicemia, soprattutto nelle prime due settimane di trattamento. Ciò suggerisce che il medico debba essere particolarmente vigile nel monitoraggio dei livelli glicemici in questi pazienti. Va comunque notato che i pazienti di questa categoria a cui si somministrano antipsicotici sono di solito più anziani e malati rispetto agli altri. Se i sintomi psicotici dell’anziano in gravi condizioni non sono controllate, il paziente potrebbe necessitare di un ricovero, il che significa sottrarlo al suo ambiente familiare: un evento del genere potrebbe a sua volta comportare gravi rischi per la già precaria salute del paziente stesso. In caso di comparsa della demenza, è anche difficile ricorrere ad approcci alternativi in quanto attualmente non vi sono farmaci approvati per il trattamento dei disordini comportamentali associati alla demenza. In generale però l’efficacia dei farmaci antipsicotici è stata sovrastimata, ed il medico vi ricorre d’abitudine, ma essi potrebbero non funzionare spesso o bene quanto si spera. (Arch Intern Med. 2009; 169: 1282-9)

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