• Criteri di esclusione da mansioni superiori
  • BPCO: utili le statine
  • H1N1 e complicazioni neurologiche nel bambino
  • Terapia intensiva: nuovo test per nefropatie acute
  • Elenco dei Farmaci Nocivi o Potenzialmente Tali da Evitare in Caso di Carenza di Glucosio-6-Fosfato Deidrogenasi (G6PD)
  • Dagli antistaminici un aiuto contro obesità e diabete
  • Identificata una proteina responsabile della proliferazione tumorale
  • Cellule di maialini iniettate nell’uomo contro diabete
  • Progressioni verticali di carriera
  • Emicrania: con o senza aura. Stessa eziologia
  • Cardiomiopatia ipertrofica anche se ECG nornale
  • Effetto delle proteine e dei carboidrati sull’assunzione calorica e sul senso di sazietà
  • Certificazione di malattia
  • Malattie cardiovascolari: Lp(a) fattore causale
  • Restrizione dietetica non aumenta durata della vita
  • Trapianto di fegato: fumo non aumenta mortalità

Criteri di esclusione da mansioni superiori
La norma contrattuale collettiva per l’inquadramento nel livello superiore prevedeva, in via alternativa, o il coordinamento di altri lavoratori e l’assunzione del loro operato, oppure il possesso di una particolare specializzazione. Non era stato dedotto, né dimostrato, che i lavoratori del “118″ avessero la responsabilità dell’operato di altri lavoratori. Né le mansioni che gli interessati affermavano di avere svolto erano tali da richiedere una particolare specializzazione, perché quelle determinate attività dovevano essere effettuate in base ad un protocollo specifico, e che per la parte più delicata dovevano sempre essere presenti un infermiere professionale ed un medico. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net).

BPCO: utili le statine
Nei pazienti con BPCO, il trattamento con statine può avere effetti benefici su diversi esiti negativi rilevanti, comprese le riacutizzazioni della malattia e la mortalità derivante tanto dalla BPCO che da qualsiasi altra causa. Le statine hanno dunque il potenziale di alterare la prognosi ed il declino della funzionalità polmonare in questi pazienti, un traguardo che non si ottiene in modo limpido con nessuno dei farmaci attualmente impiegati contro la BPCO. Essa è una patologia comune, che grava pesantemente sulla società in tutto il mondo, e le statine sono state recentemente riconosciute come possibili agenti in grado di modificare il decorso della malattia. Le statine sembrano influenzare l’infiammazione sistemica e la morbidità cardiovascolare in questi pazienti, ma allo stesso tempo è probabile che colpiscano direttamente l’infiammazione delle vie aeree. Molti pazienti con BPCO presentano un aumento del rischio cardiovascolare, e pertanto sono già candidati al trattamento preventivo con statine sulla base delle attuali linee guide per la gestione della lipidemia, ma comunque nella pratica clinica spesso il rischio cardiovascolare non viene valutato sistematicamente in presenza di BPCO: esso andrebbe invece valutato controllando eventuale abitudine al fumo, profilo lipidico, rischio diabetico e pressione. Attualmente non è chiaro che tipo di statine, dosaggio e durata del trattamento applicare per ottenere un effetto pleiotropico, ma dato che la maggior parte dei dati disponibili è basata su studi osservazionali, sono necessari con urgenza studi randomizzati controllati per valutare gli effetti terapeutici delle statine nella BPCO. (BMC Pulm Med. 2009; 9: 32).

H1N1 e complicazioni neurologiche nel bambino
I bambini con sintomi influenzali ed attacchi epilettiformi non spiegati o cambiamenti dello status mentale dovrebbero essere sottoposti a test per l’influenza H1N1, in quanto potrebbero trarre beneficio da un pronto trattamento con antivirali. Questa possibilità è stata sollevata per la prima volta nel mese di maggio, quando sono stati riportati quattro casi di bambini con complicazioni neurologiche associate all’influenza H1N1. Queste complicazioni possono intervenire esattamente come accade con l’influenza stagionale: sono già stati riportati focolai di encefalopatie infantili collegati all’influenza stagionale, e dato che sembra che l’influenza H1N1 colpisca più spesso i bambini che gli adulti, è probabile che vengano riportati altri casi di complicazioni neurologiche con il prosieguo della pandemia. In questi casi va comunque presa in considerazione anche la diagnosi differenziale di sindrome di Reye, il cui rischio aumenta con la somministrazione di salicilati in presenza di infezioni virali: questi farmaci andrebbero pertanto evitati in questi casi. Tutti i bambini dai sei anni in su dovrebbero essere vaccinati annualmente contro l’influenza onde evitare sia la malattia che le sue complicazioni, ma attualmente non sono disponibili vaccinazioni contro l’influenza H1N1. (MMWR Morb Mortal Wkly Rep. 2009; 58; 773-8).

Terapia intensiva: nuovo test per nefropatie acute
Un nuovo test per la ricerca di NGAL nelle urine aiuta a prevedere se i pazienti in terapia intensiva svilupperanno nefropatie acute. Come marcatore individuale, la NGAL nelle urine risulta moderatamente efficace nella previsione di nefropatie acute, tanto future che già in corso, ma essa può essere anche un utile marcatore diagnostico per le nefropatie associate all’infezione da Hiv, che intervengono principalmente nella razza nera. La NGAL è espressa in modo molto specifico nelle cisti renali, il che ha generato l’idea secondo cui potrebbe controllare lo sviluppo di cisti nella nefropatia da Hiv, ma da 10 anni a questa parte quasi ogni studio ha confermato la correlazione positiva fra NGAL e disfunzioni o patologie renali. Nonostante tutto, comunque, la contribuzione addizionale di questo marcatore ai fattori predittivi convenzionali del rischio di nefropatie acute appare limitata, ed il suo ruolo nella previsione di indicatori più importanti della gravità di queste nefropatie, comprese dialisi e mortalità, rimane da esplorare pienamente su campioni più ampi di pazienti. (J Am Soc Nephrol online 2009, pubblicato il 23/7).

Dagli antistaminici un aiuto contro obesità e diabete
Dagli antistaminici potrebbe nascere una nuova cura contro obesita’ e diabete di tipo 2. E’ quanto emerge da due studi condotti dai ricercatori dell’University of Harvard e pubblicati su Nature Medicine, secondo i quali il diabete di tipo 2 e l’immunologia all’interno di un organismo possono risultare molto piu’ collegati di quanto non sia stato ritenuto finora.
Nel primo studio i ricercatori hanno utilizzato due farmaci contro l’allergia per ridurre sia l’obesita’ che il diabete 2 nei topolini, e dalla ricerca e’ emerso che i medicinali riuscivano a stabilizzare una popolazione di cellule immunitarie chiamate mastociti impedendo l’insorgere dei disturbi del diabete legati alla cute, come il piede diabetico. Nel secondo studio i ricercatori hanno rilevato che un tipo di globuli bianchi, le cellule T regolatorie, oltre a regolare il funzionamento degli altri globuli bianchi, fungono da collegamento tra il sistema immunitario e il metabolismo, e sono in grado di controllare l’infiammazione dei tessuti grassi. Poiche’ negli obesi e nei diabetici di tipo 2 le cellule T regolatorie sono assenti, in contrapposizione con la sovrabbondanza nel tessuto adiposo dei macrofagi, dallo studio emerge un ulteriore collegamento tra sistema immunitario e metabolico.

Identificata una proteina responsabile della proliferazione tumorale
La proteina Caspase-8, conosciuta finora come responsabile dell’apoptosi, il meccanismo della morte programmata delle cellule, sarebbe all’origine della proliferazione, della migrazione e dell’invasione delle cellule tumorali negli altri tessuti. E’ questa le tesi sostenuta in uno studio del Burnham Institute for Medical Research di La Jolla in California, pubblicato sulla rivista Cancer Research. Il team dei ricercatori, guidato da Kristiina Vuori, ha svelato il meccanismo di Caspase-8 in relazione al neuroblastoma, tumore maligno caratteristico del bambino. La proteina, secondo gli scienziati, funzionerebbe come un segnalatore, aiutato da meccanismi molecolari che guidano le metastasi verso altri organi. Darren Finlay, che ha coordinato la ricerca, ha spiegato che nonostante la proteina Caspase-8 sia coinvolta nel processo di apoptosi e’ raramente assente o silenziata in presenza dei tumori e ciò fa pensare che riesca a dare alle cellule tumorali un’altra via di sviluppo. I ricercatori hanno anticipato che in un prossimo futuro si potrebbe utilizzare Caspase-8 come bersaglio terapeutico per frenare l’espansione del tumore.

Cellule di maialini iniettate nell’uomo contro diabete
Roma, 24 lug. (Adnkronos Salute) – Non solo influenza dai suini. Potrebbe celarsi nei maialini di un gruppo di isole remote la chiave per curare il diabete di tipo 1. Questi preziosi animali sono i discendenti diretti di un gruppo portato dalle baleniere sulle Isole Auckland, a 300 miglia dalla Nuova Zelanda, nel XIX secolo. Dal momento che non hanno avuto contatti con l’uomo, questo li rende virtualmente liberi dalle malattie e, dunque, una potenziale fonte di tessuti per i trapianti. Gli scienziati della Living Cells Technologies diretti da Bob Elliott ne hanno allevati alcuni in ambienti assolutamente sterili per trapiantarne le cellule in otto pazienti con diabete di tipo 1.La speranza è quella che le cellule suine stimolino la produzione di insulina (ormone vitale per la conversione dello zucchero in energia) da parte del pancreas dei pazienti. Un trattamento che difficilmente permetterà di curare la malattia, ma potrebbe ridurre il quantitativo di insulina necessaria ai diabetici. Così i maialini sono stati ospitati e allevati in ‘pig palaces’, interamente sterili. Elliott si è detto ottimista sull’efficacia del trattamento, anche se ammette che probabilmente non eliminerà tutti i sintomi. Lo stesso team ha già condotto due piccoli trial, il primo con sei pazienti in Nuova Zelanda e il secondo in Russia su dieci soggetti. Le cellule impiantate in uno dei volontari dello studio neozelandese a 12 anni di distanza continuano a produrre insulina. Prova che la metodologia può funzionare, dice il ricercatore sul ‘Daily Mail’. Negli altri casi le cellule suine sono state rigettate o hanno smesso di produrre insulina dopo un anno. E anche il pericolo che virus degli animali possano passare all’uomo, secondo Elliott, è “teorico: non ci sono prove di un pericolo in questo senso”, ha detto il medico, che ha selezionato i volontari da un gruppo di 1.000 pazienti con una forma di diabete instabile. L’endocrinologo John Baker del Middlemore Hospital di Auckland ha iniziato a seguire il primo volontario, che riceverà prossimamente l’impianto di cellule di maiale, mentre prima di passare a un secondo paziente passeranno diversi mesi. Le cellule saranno avvolte in una membrana derivata dalle alghe, per proteggerle e scoraggiare il rigetto da parte del sistema immunitario del paziente. Questo sistema eviterà, conclude l’esperto, l’assunzione di medicinali anti-rigetto.

Progressioni verticali di carriera
Non è conforme alle regole consentire una progressione verticale di carriera mediante comportamenti di fatto posti in essere dalle parti del rapporto senza il rispetto dei principi concorsuali.  È fondata, invece, la domanda con cui il dipendente richiedeva la condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle differenze retributive per il periodo in cui, di fatto, venivano svolte mansioni superiori.  Sul punto, la giurisprudenza amministrativa afferma che il dipendente ha diritto alla corresponsione in presenza di una espressa previsione legislativa. Nello specifico settore del lavoro alle dipendenze delle unità sanitarie, esiste una norma puntuale – l’art. 29 del d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali) – che consente “variazioni del trattamento economico” nel caso in cui il dipendente sanitario sia stato adibito a mansioni superiori per un periodo superiore a sei mesi. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net).

Emicrania: con o senza aura. Stessa eziologia
L’emicrania con aura e quella senza aura sono forme diverse dello stesso disturbo. Alcune ricerche precedenti avevano pensato a queste due manifestazioni come condizioni indipendenti, ma esse sono strettamente correlate e condividono diversi fattori di rischio. E’ stato dimostrato che la presenza dell’aura è il risultato di un maggiore carico di fattori di rischio familiari, genetici e non. I tassi di depressione sono di solito più concentrati nei soggetti con emicrania con aura. Contrariamente a quanto potrebbe apparire, comunque, i soggetti che soffrono di emicrania con aura non vanno necessariamente incontro a cefalee più penose, infatti è stato suggerito che gli attacchi di emicrania senza aura possano di fatto essere più gravi di quelli con aura. (Cephalalgia 2009; 29: 848-54).

Cardiomiopatia ipertrofica anche se ECG nornale
L’ECG è anomalo nella maggior parte dei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica, ed è largamente usato nello screening di questa patologia, ma tuttavia un ECG normale non esclude definitivamente la sua presenza. Una piccola ma significativa minoranza dei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica può infatti presentare un ECG completamente normale: benchè si tratti di pazienti che tendono ad andare incontro a scarse conseguenze di entità importante dalla malattia, molti di essi necessitano comunque di terapie avanzate per minimizzare i sintomi. Si tratta di un problema che interessa almeno il sei percento dei pazienti affetti da cardiomiopatia ipertrofica, e quindi i programmi di screening di massa basati sull’ECG potrebbero rassicurare in modo inappropriato un paziente sull’assenza della patologia. (J Am Coll Cardiol 2009; 54: 229-33).

Effetto delle proteine e dei carboidrati sull’assunzione calorica e sul senso di sazieta’
(Dove ER, Hodgson JM, Puddey IB, Beilin LJ, Lee YP, Mori TA. Am J Clin Nutr. 2009 Jul;90(1):70-5.) L’aumentata Incidenza di Obesita’ nelle societa’ moderne viene spesso associata al consumo eccessivo di Carboidrati e di bevande zuccherate o dolci. La loro assunzione comporterebbe un bilancio energetico positivo (per la minore capacita’ di queste “calorie liquide” di attivare i meccanismi della sazieta’) e di conseguenza l’aumento del peso corporeo. D’altra parte e’ ormai dimostrato come le diete ricche in proteine abbiano un potere saziante maggiore rispetto a diete ricche in Carboidrati. In questo studio controllato, sono stati valutati il senso di sazieta’ postprandiale e l’apporto energetico al pasto successivo (4 ore piu’ tardi) in 34 soggetti sovrappeso, che hanno consumato in due tempi diversi due prime colazioni isocaloriche, una che comprendeva 600 ml di latte scremato e l’altra che comprendeva lo stesso volume di succo di frutta. Il consumo di latte, e quindi di una maggiore quota proteica, ha comportato un maggiore senso di sazieta’ nelle 4 ore successive alla colazione, ed un ridotto apporto energetico con il pranzo rispetto al consumo di bevanda alla frutta. I risultati dimostrano quindi che sostituire un succo di frutta con del latte scremato a colazione puo’ influenzare favorevolmente l’intake energetico complessivo della giornata, nei soggetti sovrappeso.

Certificazione di malattia
Nella vicenda di causa, la contestazione disciplinare alla base del licenziamento intimato, riguardava la modalità della certificazione medica inviata dal dipendente per giustificare l’assenza per malattia che, secondo il datore di lavoro, sarebbe stata irrituale in quanto proveniente da un medico non facente parte del Servizio Sanitario Nazionale con conseguente, asserita, irregolarità formale.   La Corte di Cassazione ha affermato che la detta irregolarità non può ritenersi sussistente, in quanto la Legge n. 300 del 1970 [cd. Statuto dei Lavoratori], non prescrive che la certificazione medica comprovante lo stato di malattia del lavoratore debba essere rilasciata da “un sanitario del servizio sanitario nazionale”. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net).

Malattie cardiovascolari: Lp(a) fattore causale
L’analisi di 36 studi prospettici ha rivelato che sussiste un’associazione continua fra concentrazione ematica di Lp(a) (Lipoproteina a) e rischio di infarto ed ictus: tale associazione è indipendente dall’influenza dei fattori di rischio noti, ed in particolare dal colesterolo LDL. Insieme ai dati derivanti da un recente studio genetico, ciò suggerisce che la Lp(a) svolga un ruolo causale nelle malattie cardiovascolari, per quanto si tratti di un ruolo comparativamente modesto quantificabile come un quarto di quello attribuibile al colesterolo LDL. L’associazione è comunque esclusivamente relativa alle malattie cardiovascolari, e non sembra riguardare gli esiti che fuoriescono da questo ambito. Attualmente però la misurazione della Lp(a) non sarebbe probabilmente utile a livello clinico, in quanto non è nota la misura in cui effettivamente la previsione del rischio ne tragga ulteriori informazioni, e peraltro nemmeno se la riduzione delle sue concentrazioni inverta la tendenza del rischio cardiovascolare. (JAMA 2009; 302: 412-23).

Restrizione dietetica non aumenta durata della vita
Contrariamente a quanto precedentemente riportato, uno studio su animali ha rivelato che la restrizione dietetica potrebbe non aumentare la durata della vita. Di fatto, la restrizione dietetica ha un effetto complesso sulla sfera immunitaria: essa aumenta la sopravvivenza contro alcuni agenti patogeni, ma la riduce nei confronti di altri, il tutto tramite effetti opposti su resistenza e tolleranza alle infezioni: gli studi passati in materia non avevano esaminato gli effetti della restrizione dietetica sulla sfera immunitaria, ed in caso non avevano esaminato con attenzione la separazione fra resistenza e tolleranza. Ciò significa che questa pratica non è una panacea universale per ottenere una sopravvivenza più prolungata, ma comunque sono necessarie ulteriori ricerche per determinare se questi dati si possano estendere agli esseri umani. (PLoS Biol online 2009, pubblicato il 20/7).

Trapianto di fegato: fumo non aumenta mortalità
Nei soggetti sottoposti a trapianto di fegato, l’abitudine al fumo non influenza la sopravvivenza. Almeno una grande compagnia assicurativa sta attualmente negando l’approvazione per la copertura del trapianto di fegato a meno che il candidato non si stia astenendo dal fumo da almeno tre mesi, ma è improbabile che questo genere di strategia migliori la sopravvivenza del paziente. Di fatto, la candidatura dei fumatori al trapianto di fegato andrebbe valutata su base individuale dopo una dettagliata valutazione clinica del paziente: negare il trapianto solo sulla base dell’abitudine al fumo potrebbe impedire a candidati eccellenti di ricevere quella che attualmente sarebbe l’unica terapia in grado di salvare loro la vita, ed attribuisce un peso indebito su quella che, almeno per questa circostanza, è una questione di minore importanza. (J Am Coll Surg 2009; 208: 1077-84).

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