Una delle conseguenze più importanti della cardiopatia ipertensiva è lo scompenso cardiaco che si presenta fondamentalmente sotto due forme: con FE normale (scompenso “diastolico”), o con FE ridotta (scompenso “sistolico”). La cardiopatia ipertensiva contiene il germe di un continuum di eventi che portano come ultima conseguenza allo stadio terminale dello scompenso. I meccanismi coinvolti sono molteplici, nei vari momenti dell’evoluzione della malattia, e riconoscono un importante ruolo dello stress ossidativo e della NO sintasi, delle metalloproteasi e dei loro inibitori, del sistema renina angiotensina e del sistema nervoso autonomo. Molti di tali meccanismi sono comuni a entrambi i tipi di scompenso, tanto che crescono le evidenze che questi fenotipi, apparentemente separati, facciano parte di due aspetti dello stesso problema e differiscano tra di loro solo per il grado di rimodellamento ventricolare e delle variazioni di volume. Questo, almeno, è quanto afferma una interessante review di Yip comparsa recentemente sul Journal of Human Hypertension. I pazienti con scompenso “diastolico” hanno le stesse caratteristiche fisiopatologiche dei pazienti con scompenso “sistolico”, anche se non così severe, e cioè una importante riduzione della capacità di esercizio (picco del consumo di ossigeno e soglia ventilatoria anaerobica), molteplici attivazioni neuroendocrine (livelli di noradrenalina e di BNP) ed una compromessa qualità di vita. Inoltre, l”incompetenza cronotropa, la mancanza di riserva contrattile e la ridotta capacità di vasodilatazione, in aggiunta alla disfunzione diastolica del VS (che comporta un aumento della rigidità diastolica ed una aumentata pressione di riempimento) non sono peculiari del paziente con scompenso “diastolico” ma sono presenti anche in quelli con scompenso “sistolico”. Di questo bisogna tener conto nella terapia. Ecco quindi che classificare lo scompenso in “diastolico” e “sistolico” sulla base della sola FE può essere fuorviante: appare invece molto più utile classificarlo in base alla sua sintomatologia ed ai meccanismi maggiormente coinvolti nei singoli pazienti. (JHH (2009) 23, 295-306)
Tags: News, Rianimazione
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