Il tromboembolismo venoso (TEV) in Chirurgia – Il tromboembolismo venoso rappresenta una delle principali cause di mortalità nei pazienti ospedalizzati (1). La necessità di istituire una terapia profilattica del TEV risulta quindi di particolare rilevanza dato che il TEV costituisce la più comune causa di morte prevedibile in ambito ospedaliero (2).

Sono ad elevato rischio di TEV i pazienti sottoposti ad interventi di Chirurgia Maggiore, in particolare quelli ortopedici di protesi d’anca o di ginocchio (3), ma vi sono anche situazioni in Chirurgia Minore (4-5) caratterizzate da rischio non meno elevato. La diagnosi di trombosi venosa profonda (TVP) e di embolia polmonare (EP) risulta difficile su base esclusivamente clinica, perché il TEV è una patologia prevalentemente asintomatica (6). In uno studio apparso sulle pagine di Thrombosis and Haemostasis nel 1999, Bounameaux (7) ha dimostrato che soltanto una piccola percentuale dei pazienti operati sviluppa eventi sintomatici e che l’embolia fatale rappresenta la punta dell’iceberg di una patologia la cui reale incidenza è sottostimata.

Rischio di TEV – In ambito chirurgico esistono più tipi di classificazioni riguardanti il grado di rischio tromboembolico. La classificazione più nota è quella proposta dalla European Consensus Conference nel 1997 in 3 livelli di rischio: basso, moderato e alto. La classificazione, riportata nella 6^ ACCP Consensus Conference, che è attualmente la più comunemente accettata, aggiunge un quarto livello di rischio, quello altissimo, riservato alla Traumatologia ed alla Chirurgia Ortopedica Maggiore, ambito in cui le elevate percentuali di rischio per eventi di TEV sono maggiormente dimostrate (8-9).

Stratificazione del rischio di TEV – Uno degli aspetti più importanti nella prevenzione del TEV in Chirurgia Ortopedica è la corretta stratificazione del rischio del paziente in fase preoperatoria in relazione non solo alla tipologia di intervento al quale si deve sottoporre il paziente, ma anche alla presenza di specifici fattori di rischio individuali quali l’età avanzata, una pregressa trombosi, la familiarità per TEV, l’obesità e la presenza di una trombofilia ereditaria. La stratificazione del rischio permette di individuare i soggetti realmente a rischio e di confinare solo ad essi le strategie di prevenzione (10). Questo consente di minimizzare il rischio di TVP e di EP, di ridurre l’incidenza delle loro sequele e di limitare i costi connessi al trattamento; d’altra parte, l’identificazione dei pazienti non a rischio di TEV consente di non esporli inutilmente ai rischi dei farmaci antitrombotici e di risparmiare risorse. Tuttavia nonostante siano stati chiaramente identificati alcuni fattori di rischio indipendenti per il TEV, risulta ancora difficile personalizzare la tipologia e la durata della profilassi antitrombotica, a causa dell’eterogeneità della popolazione.

Procedure di tromboprofilassi – La profilassi può essere effettuata con mezzi farmacologici quali l’ENF (eparina non frazionata) (11-12-13-14), l’EBPM (eparina a basso peso molecolare) (15-16-17-18-19), gli anticoagulanti orali, il fondaparinus (20-21-22), oppure con mezzi meccanici (23-24) quali le calze elastiche, la Compressione Pneumatica Intermittente (CPI) o la pompa venosa del piede.
Un aspetto importante nel passaggio alla pratica clinica è rappresentato dall’applicazione delle Linee Guida redatte dall’ACCP che consigliano la mobilizzazione precoce e le calze elastiche per i pazienti a rischio tromboembolico basso, l’impiego di EBPM per i pazienti a rischio moderato, sempre un trattamento con EBPM, ma a dosaggi più alti, per i pazienti a rischio alto ed infine la combinazione di profilassi con mezzi farmacologici e meccanici per i pazienti a rischio altissimo.

Quale EBPM nella terapia tromboprofilattica – Le EBPM sono i farmaci più comunemente utilizzati per la profilassi antitrombotica; grazie ai diversi metodi di produzione usati dalle industrie farmaceutiche si differenziano per la struttura e, di conseguenza, per attività antitrombotica ed anticoagulante (25). I rari dati di confronto diretto tra le EBPM sono disponibili solo per la Chirurgia Ortopedica. Per la mancanza di studi clinici di confronto diretto tra le diverse EBPM, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la Food and Drug Administration (FDA) e le Linee Guida ACCP 2004 considerano le EBPM farmaci distinti e non intercambiabili (3-14-18-10).

Timing della profilassi ed anestesia – La gestione del paziente che si sottopone ad intervento di Chirurgia Ortopedica e che necessita di una terapia di tromboprofilassi, presenta problematiche che richiedono un’attenta valutazione del caso specifico in relazione alle tecniche anestesiologiche (26) adottate ed alle concomitanti terapie farmacologiche. La Società Italiana di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) consiglia un intervallo minimo di 10-12 ore tra la somministrazione di EBPM e l’esecuzione dell’anestesia spinale/epidurale; la dose successiva deve essere somministrata 6-8 ore dopo l’anestesia, rispettando così un intervallo di circa 10-12 ore dal picco della concentrazione plasmatici della EBPM. I cateteri spinali devono essere rimossi almeno 10-12 ore dopo l’ultima somministrazione di EBPM ed almeno 6-8 ore dalla dose successiva. Da considerare anche il concomitante uso di farmaci in grado di inibire la cascata coagulativa (antiaggreganti, anticoagulanti orali, destrano) che aumentano il rischio di comparsa di ematoma spinale (27).
Pertanto, in considerazione a quanto consigliato dalle Linee Guida della SIAARTI, nei pazienti da sottoporre a Chirurgia Ortopedica Maggiore la somministrazione di EBPM va iniziata la sera prima dell’intervento (inizio preoperatorio) (28-29); la dose successiva deve essere somministrata 6-8 ore dopo l’induzione dell’anestesia. Per pazienti ad alto rischio emorragico è preferibile iniziare la profilassi 12-14 ore dopo l’intervento, una volta verificata una corretta emostasi, utilizzando comunque, prima e subito dopo l’intervento, una profilassi meccanica.
Viceversa, nei pazienti da sottoporre a Chirurgia Ortopedica Minore (in regime di ricovero o in Day Surgery), la somministrazione di EBPM va iniziata 6-8 ore dopo l’induzione dell’anestesia (inizio postoperatorio). Nei pazienti con traumatismi multipli (torace, addome, cranio, arti inferiori), in assenza di controindicazioni dovute a sanguinamenti concomitanti, la somministrazione di EBPM è in funzione del tempo intercorso dall’evento traumatico e l’intervento. Se la profilassi con EBPM deve essere dilazionata o è controindicata dal timore di sanguinamenti, deve essere adottata la profilassi meccanica (30)

Durata della profilassi – Le ragioni per continuare una terapia di prevenzione nel periodo post dimissione dopo Chirurgia Ortopedica Maggiore includono la riduzione del periodo di ospedalizzazione e, soprattutto, la persistenza di uno stato protrombotico per almeno un mese ed oltre dall’intervento. Per tali motivi, nei pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia protesica (anca e ginocchio) o per fratture del collo del femore, e nei pazienti sottoposti ad interventi per fratture degli arti inferiori, la somministrazione di EBPM deve essere proseguita fino alla ripresa della deambulazione o comunque per un periodo non inferiore alle 5 settimane. Nella Chirurgia Ortopedica Minore il prolungamento della profilassi post-dimissione è in funzione dei fattori di rischio (31-32-33-34).
Nella gestione del paziente che segue una profilassi domiciliare è necessario porre particolare attenzione al concomitante uso di farmaci quali gli antiaggreganti, frequentemente somministrati nei pazienti anziani, che potrebbero aumentare il rischio di emorragie. Inoltre, nei pazienti in profilassi domiciliare, è importante mantenere una costante sorveglianza clinica poiché il rischio di tromboembolismo non viene completamente annullato dalla tromboprofilassi.
Le Linee Guida rappresentano un pilastro importante per la gestione della profilassi antitrombotica, ma non sono prive di limiti: vengono elaborate sulla base di studi clinici che includono solo un paziente “ideale” che spesso non rappresenta il paziente con cui ci si confronta nella pratica clinica. Tuttavia rappresentano il punto di partenza quando si deve prendere una decisione in merito ad un’eventuale profilassi; resta comunque fondamentale il giudizio elaborato dal medico in base alla conoscenza del singolo paziente.

Visualizza le linee guida della profilassi TEV in formato pdf: La malattia tromboembolica – Profilassi del rischio in chirurgia ortopedica

Scarica la scheda per la prescrizione terapeutica del paziente affetto da TEV: Scheda di prescrizione della profilassi della TVP

Bibliografia

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