Solleva il caso della ricetta rossa e di quella bianca Gaetano A., 67 anni, romano. Affetto da una serie di malattie che richiedono frequenti visite specialistiche da epatologi, endocrinologi, ematologi, è costretto a discutere con gli ospedalieri per avere la prescrizioni di questi esami su ricetta rossa, invece che su quella bianca. I medici ospedalieri devono compilare la ricetta rossa per legge, ma spesso scaricano il compito ai medici di base, di solito per ragioni economiche. Il cittadino così, oltre all’onere della malattia, deve fare anche da controllore delle procedure. Questo è un altro dei problemi emersi dall’inchiesta del quotidiano il Messaggero sui problemi della sanità italiana.
«Spesso – rileva il paziente sulle pagine del Messaggero – mi vengono prescritte ecografie, analisi del sangue, radiografie, a volte Tac. Quasi sempre, però, su ricetta bianca con intestazione della struttura sanitaria e sigla del medico (illeggibile). Il medico di base si rifiuta di ripeterla su ricetta rossa, dicendo che devo richiederla, cosa che faccio sempre e perfino pretenderla, discutendo o litigando, al medico della struttura. Qualche accertamento l’ho pagato e qualche altro l’ho saltato. A chi mi posso rivolgere per risolvere questo per me angosciante problema?».
«Gli ospedali spesso scaricano le responsabilità sul medico di base – afferma Luca Benigni, addetto-stampa della Regione Lazio per le questioni sanitarie – ma sono tenuti a scrivere la prescrizione sul prontuario rosso. Chi fa il contrario, agisce in modo illegale. Bisogna denunciare la cosa alla direzione generale dell’ospedale e scrivere. il fenomeno è diffusissimo ed è vero che i medici di base hanno un budget, ma non è rigido e può essere sforato per farmaci particolarmente costosi, se indispensabili».
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