Circa 7 milioni di pazienti in tutto il mondo si sottopongono ogni anno a procedure che prevedono l’uso di un mezzo di contrasto a fini diagnostici o nel corso di interventi sull’apparato cardiovascolare. Di questi, tra il 15 e il 20% sono a rischio di andare incontro a nefropatia indotta dal mezzo di contrasto stesso. Al Centro cardiologico Monzino di Milano, è in corso uno studio su 150 pazienti, con una nuova tecnologia capace di proteggere i malati. A parlarne è il settimanale Salute del Corriere della Sera.
«Si tratta – spiega il settimanale – di una pompa di infusione endovenosa e di un sistema di raccolta delle urine. La pompa permette l’idratazione forzata del paziente e ottiene, grazie alla contemporanea somministrazione di un diuretico, la produzione di un’elevata quantità di urine».
«A differenza della tradizionale macchina per la filtrazione del sangue – continua Salute – la “flebo intelligente” regola elettronicamente la quantità di soluzione fisiologica somministrata in base a quella eliminata con le urine, mantenendo così in equilibrio il volume di liquidi in circolo. In questo modo si riduce il tempo di permanenza del mezzo di contrasto all’interno dei reni e, così facendo, i suoi effetti tossici. Si effettua un’ora e mezza prima dell’intervento, si fa proseguire durante l’operazione e nelle quattro ore successive».
«Il vantaggio di questa tecnica – nota Nicolò Marchionni, geriatra e cardiologo di formazione – è che consente la rimozione del mezzo di contrasto a più basso flusso sanguigno e con accesso da una vena periferica. Dunque potrebbe dimostrarsi più efficace dell’attuale, che prevede l’impianto di un catetere in una vena».
Fonte: eDott
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