Il centrodestra rinvia di quattro anni l´obbligo per le aziende sanitarie di far rientrare nelle loro strutture i medici che sono in intramoenia allargata. Un’attività sanitaria con pochi controlli su prenotazioni e riscossioni del compenso. Con un emendamento al Decreto legge sugli enti locali approvato al Senato è saltato il termine del 1° febbraio 2009, posto dall’ex ministro Livia Turco, ed è stata posticipata a fine 2012 la data entro cui gli ospedali e le aziende sanitarie devono mettere a disposizione spazi adeguati da destinare alla libera professione dei medici, per porre fine all’intramoenia allargata. Ne danno notizia la Repubblica, il Sole 24 Ore e il settimanale Sanità del Sole 24 Ore.

«Questo emendamento – critica duramente Umberto Veronesi – riapre segretamente le porte alla doppia professione, nell’ospedale pubblico e nella clinica privata. Una decisione che va contro i pazienti, contro il proprio ospedale e contro la storia. Contro i pazienti, perché significa privarli di parte del tempo prezioso dei medici che li hanno in carico, e dunque inevitabilmente peggiorare il livello dell’assistenza».

«La maggioranza manda un messaggio chiaro – commenta Ignazio Marino del Pd, presidente della Commissione d´inchiesta sul sistema sanitario – non ci sarà da parte di questo governo nessun controllo e nessuna verifica sull’attività libero professionale, quindi vale la regola del “liberi tutti”, e che i pazienti si arrangino e paghino, se necessario, in nero. La Finanza ha già dimostrato in più casi come la libera professione all’esterno delle strutture pubbliche porti all’evasione fiscale».

«In alcune Regioni – precisa l’articolo di Repubblica – come la Toscana, il Friuli e la Lombardia, i medici fanno già tutti intramoenia nelle strutture pubbliche. La proroga per queste realtà non comporterà alcun cambiamento».

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