L’attività reninica plasmatica rappresenta un potente marcatore prognostico di decesso nei pazienti con scompenso cardiaco cronico; la prescrizione di Ace-inibitori e/o beta-bloccanti, inoltre, non influenza la correlazione tra attività reninica e outcome. Il dato giunge da uno studio condotto da ricercatori italiani e americani nell’ambito del Val-HeFt sotto la guida diSerge Masson, dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. In effetti il valore prognostico della renina nello scompenso era già stato valutato, ma quando ancora non era diffuso l’impiego degli Ace-inibitori e dei beta-bloccanti, classi di farmaci che esercitano effetti opposti sulla secrezione dell’ormone. In questa nuova ricerca si è voluto verificare l’associazione tra outcome e attività dell’enzima, misurata in 4.291 pazienti con scompenso cronico trattati con Ace-inibitori o beta-bloccanti. L’attività reninica è risultata elevata nei partecipanti in terapia con Ace-inibitori (valore mediano: 5,85 ng/mL/h) rispetto a chi non li utilizzava (1,57 ng/mL/h), mentre è apparsa bassa nei soggetti in trattamento con beta-bloccanti (3,89 ng/mL/h) a confronto di quelli non trattati con tali farmaci (6,21 ng/mL/h). I valori più bassi di pressione sistolica, quelli più elevati di aldosterone plasmatico e l’uso degli Ace-inibitori sono risultati associati a elevati livelli di attività reninica plasmatica. Un elevato valore di quest’ultima si è dimostrata un fattore predittivo forte e indipendente di morte nell’intero campione e, in particolare, nei pazienti indipendentemente dal fatto che fossero trattati o meno con Ace-inibitori o beta-bloccanti.
J Card Fail, 2010 Sep 6.
Tags: News, Rianimazione
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