Una paziente affermava di essersi affidata alle cure di un odontoiatra che le confezionava e le applicava una protesi dentaria non del tutto adatta alla bocca e tale da causare gravi impedimenti e inconvenienti. Sempre secondo la paziente, il professionista, per ovviare alle problematiche, interveniva sulla dentatura attraverso un’operazione di limatura e riduzione degli incisivi, dalla quale però non derivavano gli effetti sperati, ma, al contrario, forti dolori gengivali e mandibolari, “mala occlusione” della bocca e difficoltà di masticazione: che dall’intervento discendeva altresì la protrusione della mandibola inferiore, alla quale erano associati difficoltà nell’articolazione della parola e nella masticazione – con conseguenti disturbi gastrointestinali -, alitosi, “episodi dolorosi di improvviso blocco delle mandibole”, nonché un pregiudizio estetico all’armonia complessiva del volto e una limitazione della precedente vita di relazione dell’attrice. Il tribunale ha rigettato la domanda di risarcimento osservando che la giurisprudenza della Suprema Corte, pur sollevando il paziente-creditore, per i principi di persistenza del diritto e di prossimità della prova, dall’onere di dimostrare l’inadempimento della controparte, richiede tuttavia che egli offra la prova del titolo in forza del quale agisce, dei danni lamentati e del nesso causale fra questi ultimi e la condotta del debitore. Nel caso di specie, non è controverso che fra le parti sia intercorso un rapporto avente a oggetto una serie di prestazioni odontoiatriche fra le quali la realizzazione e l’applicazione di protesi dentarie, risultate causa, per la paziente, di fastidi di vario genere e pertanto nel tempo sostituite nel tentativo di raggiungere un risultato soddisfacente. Veniva invece decisamente contestato dall’odontoiatra che egli, o altro professionista operante nel suo studio e in sua vece, avesse eseguito l’intervento di limatura degli incisivi posto a fondamento dei successivi disturbi di salute. Pertanto, stante l’impossibilità di ritenere provato uno dei fatti costitutivi della pretesa, ovvero il nesso causale fra i disturbi accertati sulla paziente e la condotta del sanitario, è conseguito il rigetto della domanda. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]

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