La somministrazione di digossina nei pazienti in trattamento emodialitico è associata a una maggiore mortalità, soprattutto nei soggetti con basse concentrazioni predialitiche di potassio. È la conclusione di una ricerca effettuata da Kevin E. Chan e collaboratori del Fresenius medical care di Waltham (Massachusetts), grazie alla quale viene fatta chiarezza su un quesito finora irrisolto, ossia quanto fosse sicuro prescrivere digossina in caso di malattia renale allo stadio finale (Esrd). Si riteneva infatti che l’ipocaliemia, di frequente riscontro nei dializzati, potesse amplificare la tossicità della digossina. Per dirimere la questione, il team guidato da Chan ha analizzato l’associazione tra la prescrizione di digossina e la sopravvivenza in una coorte retrospettiva, usando modelli di Cox aggiustati con covariate e punteggi di propensione per minimizzare l’influsso di fattori confondenti. Su 120.864 emodializzati incidenti, l’uso di digossina è apparso associato a un rischio aumentato di morte del 28% (Hr: 1,28). Anche gli accresciuti livelli sierici di digossina sono risultati significativamente associati alla mortalità (Hr: 1,19 per ogni ng/ml di incremento). Tale aumento del rischio di exitus è apparso molto più evidente nei pazienti che, prima di entrare in dialisi, avevano i più bassi livelli di potassio nel siero (Hr: 2,53 per K<4,3 mEq/L vs Hr 0,86 per K>4,6 mEq/L).

J Am Soc Nephrol. 2010; 21(9):1550-9

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