La Suprema corte ha confermato la sentenza di condanna al risarcimento del danno a carico della Azienda ospedaliera e del primario del reparto di terapia intensiva di cardiologica in favore del paziente che subiva gravi lesioni a causa della fuoriuscita di liquidi di infusione venosa dal sistema della vena basilica di destra somministrati per fronteggiare una sindrome cardiocircolatoria acuta. Si sosteneva, a difesa, che del tutto illogicamente si era attribuita una responsabilità al personale medico ed in particolare al primario, dovendosi assolutamente escludere che il medico risponda di una attività meramente pratica, quale quella di controllo delle quantità dei farmaci somministrati mediante infusione in vena, riconducibile in realtà al personale parasanitario. La Corte di cassazione civile, sottolineando come non fossero in discussione la validità e l’efficacia della terapia prescelta, bensì le modalità con cui essa venne eseguita, ha confermato la condanna, rilevando l’assenza di provada parte degli interessati (ospedale e primario) che l’evento di danno fosse in concreto dipeso da un avvenimento imprevisto ed imprevedibile. [Avv. Ennio Grassini - www.dirittosanitario.net]

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