Dopo una sindrome coronarica acuta (Acs) l’anedonia, ossia l’incapacità di provare piacere o interesse, identifica il rischio di eventi avversi cardiaci maggiori (Mace) e di mortalità da ogni causa (Acm), al di là degli indicatori prognostici comprovati, tra i quali gli episodi depressivi maggiori (Mde) e la gravità dei sintomi depressivi. È la conclusione di uno studio osservazionale di coorte condotto da Karina W. Davidson, del Dipartimento di Medicina della Columbia University di New York, e collaboratori, su 456 pazienti consecutivi con Acs (età: 25-93 anni; 42% donne) ricoverati tra il maggio 2003 e il giugno 2005 in tre ospedali universitari.
Entro una settimana dall’ammissione, i partecipanti sono stati sottoposti a un’intervista psichiatrica strutturata per valutare la presenza di riduzione dell’umore, anedonia o Mde lesivi sotto il profilo clinico. Gli outcome principali considerati erano l’Acm e Mace documentati (definiti da infarto miocardico, ospedalizzazione per angina instabile o rivascolarizzazione coronarica in urgenza/emergenza) valutati attivamente per un anno dopo l’ingresso in reparto. Si sono avuti 67 eventi (16 decessi e 51 Mace; 14,8%) mentre 108 (24%) e 77 (17%) pazienti hanno manifestato, rispettivamente, anedonia e umore depresso. Dopo controllo per sesso, età e covariate mediche, l’anedonia (Hr aggiustata, 1,58; 95% Ci: 1,16-2,14; P<0,01) si è dimostrata, al contrario della riduzione del tono dell’umore (l’altro criterio diagnostico fondamentale della depressione), un fattore predittivo significativo di Mace e Acm combinati: evidenze confermate anche utilizzando, al posto dell’intervista clinica, i subscores della Beck Depression Inventory relativi all’umore ridotto e all’anedonia.
Arch Gen Psychiatry, 2010; 67(5):480-8
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