L’arteriopatia obliterante periferica (AOP) è considerata un equivalente di rischio cardiovascolare per cui i pazienti che ne sono affetti devono essere trattati in maniera intensiva per controllare tutti i fattori di rischio tradizionali. Dibattuta da tempo è la questione se gli antiaggreganti conferiscano a questi pazienti una protezione aggiuntiva sulla prevenzione del primo evento ischemico coronarico (prevenzione primaria) rispetto al controllo dell’ipertensione, ipercolesterolemia, fumo, sedentarietà, ecc. Un recente studio randomizzato, controllato, in doppio cieco ha valutato l’efficacia dell’aspirina in pazienti con AOP.Nello studio pubblicato su JAMA (F. Gerald R. Fowkes et al. JAMA 2010;303(9):841-848) sono stati arruolati 3.350 pazienti con indice gamba-braccio (ABI) < 0,95 (valore considerato indicativo di AOP) e seguiti per una media di 8,2 anni; metà dei pazienti veniva trattato con aspirina 100 mg, l’altra metà con placebo. Alla fine del follow up, l’end point composito (eventi coronarici o stroke fatali e non fatali, interventi di rivascolarizzazione) aveva avuto un’incidenza analoga nei due gruppi (13,7 e 13,3, rispettivamente) ed anche i singoli elementi dell’end point si erano manifestati in maniera sovrapponibile. L’aspirina ha comportato una modesta maggiore incidenza di emorragie, statisticamente non significativa. Questo studio va ad aggiungersi ad altri pubblicati di recente, come lo studio POPADAD (J. Belch et al. BMJ 2008;337:a1840) e lo studio JPAD (H. Ogawa et al. JAMA 2008;300:2134-2141), i quali avevano documentato che l’aspirina non era utile in pazienti con AOP associata a diabete mellito tipo 2; inoltre conferma in pieno i risultati della recente metanalisi di Berger pubblicata su JAMA nel 2009 (J. S. Berger et al. JAMA 2009;301:1909-1919) che, mettendo insieme i dati di 5.269 pazienti arruolati in 18 studi randomizzati, concludeva sempre per l’inefficacia dell’aspirina in prevenzione primaria in questa tipologia di pazienti.

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