La Legge 5 giugno 1990, n. 135, art. 5, comma 3, secondo cui nessuno può essere sottoposto al test anti HIV senza il suo consenso, se non per motivi di necessità clinica, nel suo interesse – deve essere interpretato alla luce dell’art. 32 Cost., comma 2, nel senso che, anche nei casi di necessità clinica, il paziente deve essere informato del trattamento a cui lo si vuole sottoporre, ed ha il diritto di dare o di negare il suo consenso, in tutti i casi in cui sia in grado di decidere liberamente e consapevolmente.  Dal consenso si potrebbe prescindere solo nei casi di obiettiva e indifferibile urgenza del trattamento sanitario, o per specifiche esigenze di interesse pubblico (rischi di contagio per i terzi, od altro). Il principio è stato affermato dalla Suprema Corte in un giudizio intrapreso da un paziente per ottenere il risarcimento dei danni nella misura di un miliardo delle vecchie lire, in quanto, a seguito di un ricovero per forte attacco febbrile con diagnosi di leucopenia, era stato sottoposto a test  per l’Hiv senza che gli fosse stato richiesto il consenso. Oggetto del giudizio è stata anche la gestione della cartella clinica e dei dati sensibili. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net)

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