- Controllo lipidico: la statina non basta
- Inizio HAART con più CD4+ evita farmacoresistenze
- Calcolato il rischio dopo riparazione della mitrale
- Epatite B: possibile cirrosi anche nei portatori inattivi
- Artrosi: adesine predicono sostituzione articolare
Controllo lipidico: la statina non basta
Ridurre il colesterolo Ldl è essenziale, ma non sufficiente. Per una prevenzione cardiovascolare efficace, soprattutto nei pazienti a rischio elevato, serve un controllo globale del profilo lipidico. Un obiettivo che la sola terapia con statine non sembra essere in grado di assicurare a un numero sufficiente di pazienti. In base ai risutati di Dysis (Dyslipidaemia international study) presentati a Barcellona in occasione del Congresso europeo di cardiologia (28 agosto-2 settembre; Gitt AK et al. Esc 2009. Abstract 1796) ben tre quarti degli oltre 22mila pazienti esaminati tra Europa e Canada (tutti over45 e in terapia con una statina dal almeno tre mesi) non raggiungono i target raccomandati dall’European society of cardiology per almeno uno dei parametri chiave: colesterolo Ldl (troppo alto nel 48% dei casi), colesterolo Hdl (troppo basso in un soggetto su quattro) e trigliceridi (oltre la soglia di sicurezza nel 38% dei pazienti). E ciò vale anche per chi, ritenuto ad alto rischio cardiovascolare per la presenza di altre condizioni critiche, quali ipertensione, diabete, familiarità per eventi acuti precoci o patologia coronarica, dovrebbe essere sottoposto a un monitoraggio particolarmente attento e a una presa in carico globale (R.F.). Fonte Esc 2009
Inizio HAART con più CD4+ evita farmacoresistenze
I pazienti con infezione da Hiv che iniziano la terapia HAART più precocemente nel decorso della malattia, quando la conta CD4+ è ancora elevata, presentano un minor rischio di sviluppare resistenze nei confronti delle classi di farmaci antiretrovirali a cui sono stati esposti rispetto agli altri. Fra i pazienti che ottengono la soppressione virologica nel primo ciclo di HAART e poi vanno incontro a fallimento virologico della terapia, d’altro canto, l’inizio della terapia con una conta CD4+ inferiore a 350/mm3 è collegato ad un elevato tasso di mutazioni di resistenza, ed inoltre il ritardo per l’inizio della terapia è inversamente correlato all’intervallo fra soppressione virale e fallimento virologico. Ciò accade nonostante il fatto che iniziare la terapia più precocemente significa anche sottoporre il virus a maggiori periodi di pressioni selettive che potrebbero indurre queste mutazioni. (J Acquir Immune Defic Syndr 2009; 51: 450-3)
Calcolato il rischio dopo riparazione della mitrale
Circa un terzo dei soggetti con insufficienza cardiaca cronica e funzione ventricolare danneggiata sviluppa un rigurgito secondario della mitrale che si associa a un significativo peggioramento della prognosi. La chirurgia può porre abilmente rimedio, migliorando la sintomatologia, ma la risposta dei pazienti all’intervento è variabile, non prevedibile a priori. Almeno finora. Un nuovo metodo di valutazione nato dalla collaborazione tra due team dell’Istituto di Cardiologia dell’Ospedale Papa Giovanni II di Cracovia (Polonia) e del Centro Cardiologico universitario di Dresda (Germania) sembrerebbe in grado di aiutare a definire il livello di rischio individuale prima dell’annuloplastica, permettendo una scelta più ponderata e razionale degli interventi. I parametri da considerare e a cui assegnare un punteggio sono quelli di routine: presenza di cardiomiopatia ischemica, dilatazione ventricolare destra ed età avanzata (due punti ciascuno); insufficienza cardiaca da moderata a grave (NYHA>/=3), precedenti ricoveri per scompenso acuto, ipertensione polmonare significativa (>/=50 mmHg) e sesso maschile (un punto ciascuno). Con punteggio totale inferiore a 4 si può stare relativamente tranquilli. Superando questa soglia, invece, la mortalità a tre anni dall’intervento raddoppia e l’opportunità di effettuarlo va valutata con maggior cautela. (R.F.) (Esc 2009; http://www.escardio.org)
Epatite B: possibile cirrosi anche nei portatori inattivi
Benché rara, la progressione verso la cirrosi è possibile nei portatori inattivi dell’Hbv. Finora pochi studi hanno monitorato i portatori di HbsAg sani ed inattivi. I fattori associati alla progressione verso la cirrosi nei pazienti con infezione riattivata comprendono età avanzata e sesso maschile. Nelle aree di elevata prevalenza dell’infezione da Hbv, per quanto la maggior parte dei portatori inattivi possano rimanere in questo stato con esiti molto favorevoli, il cosiddetto stato di portatore inattivo non può essere visto in generale come una condizione innocua a lungo termine dalla prognosi positiva. La probabilità cumulativa di cirrosi per questi pazienti è del 10 percento circa nell’arco di 20-25 anni di monitoraggio. E’ dunque necessario un controllo regolare volto alla pronta diagnosi della riattivazione ed all’inizio precoce della terapia antiretrovirale ove appropriato. (Am J Gastroenterol 2009; 104: 1693-9)
Artrosi: adesine predicono sostituzione articolare
Elevati livelli di VCAM-1 nel sangue identificano i pazienti con osteoartrosi a maggior rischio di necessitare di sostituzione d’anca o del ginocchio. Il rischio dei pazienti che si trovano nel terzile più elevato è quasi quadruplo rispetto a quelli del terzile più basso, ed inoltre il livello di VCAM-1 predice in modo indipendente la gravità della malattia. A differenza della maggior parte delle altre malattie più comuni, poco è noto sull’eziologia dell’artrosi, e rimangono da identificare i fattori predittivi di un decorso più grave della malattia: la VCAM-1 è il primo marcatore di laboratorio di gravità dell’artrosi a lungo termine. Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare il modo in cui la VCAM-1 sia correlata al processo patologico dell’osteoartrosi, e per convalidare quanto rilevato prima di una possibile implementazione nella pratica clinica. (Arthritis Rheum 2009; 60: 2381-9).
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