• Una sola scorrettezza non vale il licenziamento
  • Specializzandi ante-’91: il rebus prescrizione
  • Stupefacenti e Sostanze Psicotrope: DECRETO 5 giugno 2009
  • Stupefacenti e Sostanze Psicotrope: ORDINANZA 16 giugno 2009
  • Stupefacenti e Sostanze Psicotrope: ORDINANZA 2 luglio 2009
  • Corte di Cassazione – Condizioni generali di polizza demandanti a perizia medica l’accertamento dell’entità delle lesioni dell’assicurato – Prescrizione
  • I.N.P.D.A.P.  – Nota 16-6-2009 n. 33 – Indennità di polizia giudiziaria – Comparto Sanità
  • Condotta diligente del medico – Conseguenze – Responsabilità del medico – Esclusione – Responsabilità della struttura ospedaliera
  • Illecito omissivo – Nesso di causalità – Accertamento – Criterio della ragionevole probabilità
  • CORTE di CASSAZIONE – Medici – Dequalificazione e valutazione nuove mansioni

Fonte: DirittoSanitario.net

Una sola scorrettezza non vale il licenziamento
Non è licenziabile il dipendente che si allontana una volta sola senza giustificazione dal posto di lavoro, se in passato si è sempre comportato correttamente e se il fatto non ha prodotto danni. La sezione Lavoro della Corte di cassazione con la sentenza n. 14586 del 22 giugno 2009, spezza ben più di una lancia a favore dei lavoratori, purché il comportamento sia eccezionale e quindi non vada a mettere in dubbio la correttezza e la diligenza del dipendente nei confronti dell’azienda. La vicenda nasce nel 2005 a seguito del licenziamento di un lavoratore tessile che durante un turno notturno aveva lasciato l’azienda, determinando il blocco dei macchinari del reparto di cui, tra l’altro, era responsabile. Per l’azienda la gravità del fatto era accentuata proprio dall’orario notturno, quando minori erano i controlli dei superiori, anche se il fatto poi non aveva avuto nessuna ricaduta produttiva o economica. Insomma, anni di lavoro ineccepibile, senza sanzioni o richiami, non avevano salvato il posto al lavoratore che si è poi rivolto ai giudici per l’annullamento della decisione. In appello, i giudici di merito torinesi hanno rigettato la richiesta, accolta in primo grado, perché nel caso specifico prevaleva non tanto il fatto di non aver procurato danni o l’assenza di precedenti sanzioni, quanto la posizione di responsabile del reparto del dipendente e il fatto che non vi fossero superiori. Per questo prevalevano la malafede e la scorrettezza da parte dell’operaio nei confronti dell’azienda. Un’impostazione ora ribaltata dalla Cassazione. Innanzitutto, per i giudici, il licenziamento in questo caso è stata una sanzione sproporzionata, eccessiva, mentre va sempre salvaguardato il principio di necessaria proporzionalità fra fatto addebitato e recesso. L’azienda ha insomma punito con eccessiva severità il dipendente, facendo saltare questo principio (cfr. per tutte Cass. n. 14551/2000 e Cass. n. 16260/2004). Si legge nella decisione: «Quel che è veramente decisivo, ai fini della valutazione della proporzionalità fra addebito e sanzione, è l’influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza ». Il fatto di aver voluto dare una sanzione “esemplare” quale deterrente per gli altri operai risulta comunque una misura sproporzionata in rapporto all’effettiva gravità della colpa. Per cui, non ci può essere sanzione esemplare slegata dalla misura reale della responsabilità. La parola finale spetterà alla Corte d’appello di Genova.
L.Vaz.

Specializzandi ante-’91: il rebus prescrizione
Sulla scorta della più recente e autorevole giurisprudenza, anche comunitaria, appare possibile tracciare un primo sintetico ma efficace consuntivo, in ordine al profilo prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, come reclamato da numerosissimi medici, specialisti nel periodo 1983-1991. Nel caso del cosiddetto “illecito del legislatore” (omessa o non corretta trasposizione di direttiva) si può ragionevolmente ritenere realistico un termine di dieci anni, prima che la relativa azione risarcitoria si prescriva, con decorrenza dalla pubblicazione del Dlgs 257/1991. Infatti: – il 3 giugno 2009, con la sentenza n. 12814, la sezione Lavoro della Cassazione individua il dies a quo per il computo dei termini, il cui inutile decorso comporta la irrimediabile perdita del diritto vantato. I ricorrenti adivano il tribunale nei confronti dei ministeri della Sanità, dell’Università e del Tesoro, esponendo di avere frequentato le scuole di specializzazione di medicina senza percepire alcuncompenso. Poiché le direttive della Comunità europea, le quali prevedevano un compenso in favore dei medici specializzandi, erano state trasposte in ritardo nell’ordinamento italiano (decreto legislativo 257/1991) chiedevano il risarcimento del danno da ritardata attuazione della fonte comunitaria tra il 1983 e il 1991. Danno che consisteva nella mancata remunerazione del lavoro svolto e nella perdita di “chances”. La Corte di cassazione ha osservato che trattandosi di azione di risarcimento del danno, la prescrizione è quinquennale (v. per il differente termine decennale, Cass. Sez. Un. 9147/2009) e inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. Tale momento non coincide con l’emanazione della direttiva, se la stessa non è immediatamente applicabile; né con il termine assegnato agli Stati per la trasposizione della fonte comunitaria nel diritto interno, perché anche a quel momento il soggetto privato non è in condizioni di conoscere quale sia il contenuto del diritto che gli viene negato e l’ammontare del relativo risarcimento. Può invece individuarsi nel momento in cui entra in vigore la normativa di attuazione interna della direttiva europea. È questo, secondo la sezione della Cassazione, il tempo in cui il soggetto può far valere il diritto al risarcimento del danno, perché è in quel contesto che egli viene a conoscere il contenuto del diritto attribuito e i limiti temporali della corresponsione. In altri termini, posto che con il decreto legislativo 257/1991 il soggetto era in grado di conoscere l’ammontare dei compensi stabiliti, a quel momento poteva esercitare il diritto al risarcimento del danno. Il 17 aprile 2009, con la sentenza 9147, le Sezioni unite civili della Cassazione assoggettano la pretesa risarcitoria, al termine di prescrizione ordinaria decennale (e non quinquennale) perché diretta all’adempimento di un’obbligazione ex lege (di natura indennitaria) riconducibile come tale all’area della responsabilità contrattuale. In caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore, nel termine prescritto, di direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/Cee e n. 82/76/Cee, non self executing, sulla «retribuzione» della formazione dei medici specializzandi) sorge il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione “ex lege” dello Stato, di natura indennitaria, per attività non antigiuridica. Il conseguente relativo risarcimento, non subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa, deve assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita e la pretesa azionata è esposta all’ordinario termine decennale di prescrizione. Per altro verso, il 24 marzo scorso, una sentenza (Grande Sezione) della Corte di giustizia delle Comunità europee, resa nel procedimento C-445/06 (causa Danske Slagterier contro Repubblica federale di Germania) stabiliva, tra l’altro, che il decorso dei termini di prescrizione di un diritto non restano sospesi o interrotti né in presenza di un procedimento per inadempimento ex art. 226 Ce né in presenza di una carente o scorretta trasposizione della direttiva nel diritto interno (quando i primi effetti lesivi di detta scorretta trasposizione si siano verificati e ne siano prevedibili altri). Infatti, dal tenore del dispositivo: «Il diritto comunitario non richiede che, quando la Commissione delle Comunità europee avvia un procedimento per inadempimento ex art. 226 Ce, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti dello Stato che si sia reso responsabile di una violazione del diritto comunitario, previsto dalla normativa nazionale, sia interrotto o sospeso durante tale procedimento. – Il diritto comunitario non osta a che il termine di prescrizione di un’azione di risarcimento nei confronti dello Stato, basata sulla carente trasposizione di una direttiva, inizi a d e c o r r e r e dalla data in cui i primi effetti lesivi di detta scorretta trasposizione si siano verificati e ne siano prevedibili altri, anche qualora tale data sia antecedente alla corretta trasposizione della direttiva in parola». A tal proposito, è significativo sottolineare un singolare provvedimento della Corte di appello di Genova (sentenza n. 65 del 4 giugno 2008) di contrario avviso, laddove ha motivato che «non può trovare applicazione, a carico degli appellanti, la prescrizione quinquennale, giacché, fino a quando nel diritto italiano non verrà introdotta una norma giuridica specifica che riconosca una remunerazione a coloro che hanno frequentato le scuole di specializzazione nel periodo tra il 1982 e il 1991, si dovrà far riferimento al principio emergente dalla giurisprudenza europea, secondo cui, finché una direttiva non sia correttamente trasposta nell’ordinamento nazionale, i singoli non sono in grado di acquisire la piena conoscenza dei loro diritti, onde, fino al momento in cui abbia luogo l’esatta trasposizione della direttiva, lo Stato inadempiente non può eccepire la tardività di una azione giudiziaria avviata nei confronti dello stesso da un singolo, a tutela dei diritti che le disposizioni di tale direttiva gli riconoscono e solo da tale momento può decorrere un termine incidente sulla proponibilità di una domanda nell’ambito dell’ordinamento statuale». I testi integrali dei provvedimenti citati sono disponibili anche sul sito su www.dirittosanitario.net
Ennio Grassini
Avvocato – Specialista in Diritto
ed economia
dell’Unione europea

DECRETO 5 giugno 2009
IL DIRIGENTE dell’ufficio centrale stupefacenti

Viste   le   convenzioni  internazionali  in  materia  di  sostanze stupefacenti e psicotrope:
Visti  gli  articoli 31 e 35 del testo unico delle leggi in materia di   disciplina  degli  stupefacenti  e  delle  sostanze  psicotrope, prevenzione,   cura   e   riabilitazione   dei   relativi   stati  di tossicodipendenza,   approvato   con  decreto  del  Presidente  della Repubblica   9   ottobre  1990,  n.  309  e  successive  modifiche  e integrazioni;
Valutato  il  fabbisogno nazionale delle citate sostanze per l’anno 2009;
Preso  atto  che  la  ditta  Salars S.p.A. e’ stata autorizzata con decreto n. 12733 dell’11 gennaio 2009 a fabbricare e commercializzare sostanze  stupefacenti  e  psicotrope  soggette alle disposizioni del citato testo unico;
Vista la legge 15 luglio 2002, n. 145;
Decreta

che  la  ditta  su  citata  e’  autorizzata a fabbricare e mettere in vendita in Italia e all’estero, nel corso dell’anno 2009, le sostanze stupefacenti  e  psicotrope  espresse  in  base anidra, come appresso indicato:
Salars  S.p.A.  – via S. Francesco, 5 – 20100 Como, diidrocodeina – per l’Italia kg 1000.
Il  presente decreto ha validita’ dalla data di pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  fino al 31 dicembre 2009.
Il presente decreto sara’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 5 giugno 2009
Il dirigente: Petriccione

ORDINANZA 16 giugno 2009
IL MINISTRO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI

Visti  gli  articoli  2, 13, 14, 43 e 45 del decreto del Presidente della   Repubblica   del   9  ottobre  1990,  n.  309,  e  successive modificazioni,  recante  «Testo  unico  delle  leggi  in  materia  di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope e di prevenzione, cura  e  riabilitazione  dei relativi stati di tossicodipendenza», di seguito indicato come «Testo Unico»;
Vista la legge 8 febbraio 2001, n. 12, recante «Norme per agevolare l’impiego dei farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore»;
Visto  il  decreto  del  Presidente della Repubblica 21 maggio 2009 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 122 del  28  maggio  2009,  con il quale e’ stato attribuito il titolo di vice  Ministro  al  Sottosegretario  di Stato presso il Ministero del lavoro,  della  salute  e  delle  politiche  sociali, prof. Ferruccio Fazio,  previa  approvazione,  da  parte  del Consiglio dei Ministri, della  delega  di  funzioni  conferita al predetto Sottosegretario di Stato  dal  Ministro  del  lavoro,  della  salute  e  delle politiche sociali;
Considerato  che il testo unico classifica le sostanze stupefacenti e  psicotrope  in  due  tabelle  (delle quali la tabella I riporta le sostanze  con  forte potere tossicomanigeno ed oggetto di abuso, e la tabella II individua le sostanze che hanno attivita’ farmacologica e, pertanto,  sono usate in terapia come medicinali) e che la tabella II e’ suddivisa in cinque sezioni, indicate con le lettere A, B, C, D ed E,  nelle quali sono distribuiti i farmaci e le relative composizioni medicinali in relazione al decrescere del loro potenziale di abuso;
Considerato  che nell’allegato III-bis al testo unico sono elencati alcuni  medicinali utilizzati nella terapia del dolore per i quali, a seguito  dell’entrata  in  vigore  della citata legge n. 12 del 2001, sono previste alcune semplificazioni prescrittive;
Considerato  che  una  delle  cause che rendono difficile l’accesso alla  terapia  del  dolore risulta essere la necessita’, prevista dal testo   unico,   dell’utilizzo  di  un  ricettario  speciale  per  la prescrizione  dei  medicinali  analgesici oppiacei per la terapia del dolore;
Considerato   che  una  ricollocazione  dei  medicinali  analgesici oppiacei per la terapia del dolore elencati nell’allegato III-bis del testo  unico,  dalla tabella II sezione A, alla Tabella II sezione D, comporterebbe la possibilita’ di utilizzo della ricetta ordinaria, da rinnovarsi di volta in volta;
Considerato  che  l’art.  14,  comma 1), lettera e) n. 1) del testo unico  stabilisce che nella sezione D della tabella II sono indicate, fra   l’altro  le  composizioni  medicinali  contenenti  le  sostanze elencate  nella  tabella II, sezioni A o B, da sole o in associazione con altri principi attivi quando per la loro composizione qualitativa e  quantitativa e per le modalita’ del loro uso, presentano rischi di abuso   o   farmacodipendenza  di  grado  inferiore  a  quello  delle composizioni  medicinali  comprese nella tabella II, sezioni A e C, e pertanto  non  sono  assoggettate  alla disciplina delle sostanze che entrano a far parte della loro composizione;
Sentito  il Consiglio Superiore di Sanita’ che, nelle sedute del 29 aprile 2009 e del 27 maggio 2009, ha espresso parere favorevole a che siano   iscritte   nella   tabella  II,  sezione  D,  delle  sostanze stupefacenti  e  psicotrope  di cui al testo unico le composizioni ad uso diverso da quello parenterale utilizzate nella terapia del dolore severo di qualsiasi origine, contenenti da sole o in associazione con altri  principi attivi le sostanze riportate nell’allegato III-bis al testo  unico,  con  esclusione  dei medicinali indicati nella terapia della  disuassefazione  degli  stati di tossicodipendenza, ritenendo, tuttavia, che l’ intervento sulle tabelle delle sostanze stupefacenti e  psicotrope  non  possa  considerarsi esaustivo delle problematiche connesse  all’incentivazione dell’uso degli analgesici oppiacei nella terapia del dolore e percio’ sollecitando ulteriori approfondimenti e la revisione del testo unico;
Rilevato che dal parere espresso dal Consiglio superiore di sanita’ non  risulta  che  sia  provato che le composizioni medicinali di cui viene  proposta  l’iscrizione  nella  tabella  II,  sezione  D  siano caratterizzate  dal minor potere tossicomanigeno richiesto dal citato art. 14, comma 1, lettera e), numero 1) del testo unico;
Ritenuto,  peraltro,  indifferibile,  dare attuazione al parere del Consiglio  superiore di sanita’, per evitare che le attuali modalita’ prescrittive  dei  farmaci  oppiacei  da utilizzare nella terapia del dolore  continuino  a ostacolare l’appropriato impiego terapeutico di tali prodotti, vanificando le finalita’ della citata legge 8 febbraio 2001,  n.  12  e  recando  un  gravissimo  pregiudizio ai diritti del malato;
Visto   il  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  112  e,  in particolare l’art. 117;
Ordina:

Art. 1.

1.  Nelle more di una idonea revisione legislativa del testo unico, relativamente  ai  criteri  di  classificazione  e  alle modalita’ di prescrizione  dei medicinali oppiacei da utilizzare nella terapia del dolore  in  grado  di  tutelare  efficacemente i diritti dei malati i composti   medicinali  utilizzati  in  terapia  del  dolore  elencati nell’allegato  III-bis del testo unico, con esclusione dei composti a base  di  metadone  e buprenorfina ad uso orale, sono temporaneamente iscritti  nella  sezione  D della tabella II allegata al citato testo unico, limitatamente alle composizioni seguenti:
a)  composizioni  per  somministrazioni  ad  uso diverso da quello parenterale contenenti codeina e diidrocodeina in quantita’, espressa in base anidra, superiore a 10 mg per unita’ di somministrazione o in quantita’  percentuale, espressa in base anidra, superiore all’1% p/v (peso/volume) della soluzione multidose;
b)  composizioni  per somministrazione rettale contenenti codeina, diidrocodeina  e  loro  sali  in  quantita’, espressa in base anidra, superiore a 20 mg per unita’ di somministrazione;
c)  composizioni  per  somministrazioni  ad  uso diverso da quello parenterale  contenenti  fentanyl,  idrocodone, idromorfone, morfina, ossicodone e ossimorfone;
d)   composizioni   per   somministrazioni   ad  uso  transdermico contenenti buprenorfina

Art. 2.

1.  La  presente  ordinanza  ha  effetto fino all’entrata in vigore delle disposizioni di revisione del testo unico richiamate all’art. 1 e, in ogni caso, per non oltre dodici mesi

Art. 3.

1.  La presente ordinanza, che sara’ trasmessa alla Corte dei conti per  la  registrazione, entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
Roma, 16 giugno 2009

Il vice Ministro: Fazio

Registrato alla Corte dei conti il 18 giugno 2009 Ufficio  di  controllo  preventivo  sui  Ministeri  dei  servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 5, foglio n. 132

ORDINANZA 2 luglio 2009
Integrazioni all’ordinanza 16 giugno 2009, recante «Iscrizione temporanea di alcune composizioni medicinali nella tabella II, sezione D allegata al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope e di prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza». (09A08111) (G.U. Serie Generale n. 156 del 8 luglio 2009)
IL MINISTRO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI

Visti  gli  articoli  2, 13, 14, 43 e 45 del decreto del Presidente della   Repubblica   del   9  ottobre  1990,  n.  309,  e  successive modificazioni,  recante  «Testo  unico  delle  leggi  in  materia  di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope e di prevenzione, cura  e  riabilitazione  dei relativi stati di tossicodipendenza», di seguito indicato come «Testo unico»;
Vista la legge 8 febbraio 2001, n. 12, recante «Norme per agevolare l’impiego dei farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore»;   Vista  l’ordinanza  ministeriale 16 giugno 2009 recante «Iscrizione temporanea  di  alcune  composizioni  medicinali  nella  tabella  II, sezione  D  allegata  al  Testo  unico  delle  leggi  in  materia  di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope e di prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza»;
Ritenuto  necessario  integrare  le  previsioni  dell’art.  1 della ordinanza  di  cui  al punto precedente con modalita’ atte ad evitare abusi  e  contraffazioni prescrittive ed a consentire il monitoraggio delle  quantita’  delle  singole  preparazioni, rientranti nel regime previsto  dalla  stessa,  effettuate con ricetta diversa da quella di cui  al  decreto Ministero della salute 10 marzo 2006 o da quella del Servizio  sanitario nazionale, disciplinata dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 17 marzo 2008;
Visto  il  decreto  del  Presidente della Repubblica 21 maggio 2009 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 122 del  28  maggio  2009,  con il quale e’ stato attribuito il titolo di Vice  Ministro  al  Sottosegretario  di Stato presso il Ministero del lavoro,  della  salute  e  delle  politiche  sociali, Prof. Ferruccio Fazio,  previa  approvazione,  da  parte  del Consiglio dei Ministri, della  delega  di  funzioni  conferita al predetto Sottosegretario di Stato  dal  Ministro  del  lavoro,  della  salute  e  delle politiche sociali;
Visto   il  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  112  e,  in particolare l’art. 117;

Ordina:

Art. 1.

1. All’art. 1 dell’ordinanza del Ministero del lavoro, della salute e  delle  politiche  sociali  del  16 giugno 2009 recante «Iscrizione temporanea  di  alcune  composizioni  medicinali  nella  tabella  II, sezione  D  allegata  al  Testo  unico  delle  leggi  in  materia  di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope e di prevenzione, cura  e  riabilitazione  dei  relativi  stati  di tossicodipendenza», pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale del 20 giugno 2009, n. 141, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. All’atto della dispensazione delle composizioni di cui alla presente  ordinanza, la prescrizione delle quali viene effettuata con ricetta diversa da quella di cui al decreto Ministero della salute 10 marzo 2006 o da quella del Servizio sanitario nazionale, disciplinata dal  decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 17 marzo 2008,  il  farmacista  deve  accertare  l’identita’ dell’acquirente e prendere  nota  degli  estremi  di  un documento di riconoscimento da trascrivere nella ricetta.
1-ter.  Entro la fine di ciascun mese i farmacisti inviano alla ASL e  all’Ordine provinciale competenti per territorio una comunicazione riassuntiva  delle  ricette,  diverse  da  quella  di  cui al decreto Ministero  della  salute  10  marzo  2006  o  da  quella del Servizio sanitario   nazionale,   disciplinata   dal   decreto  del  Ministero dell’economia  e  delle  finanze  del 17 marzo 2008, spedite nel mese precedente  e  contenenti  la  prescrizione di composizioni di cui al comma  1. La comunicazione dovra’ recare per ciascuna composizione la denominazione   delle  preparazioni  e  il  numero  delle  confezioni dispensate, distinte per forma farmaceutica e dosaggio.
1-quater.  Gli Ordini provinciali dei farmacisti trasmettono, entro i quindici giorni successivi, al Ministero del lavoro, della salute e delle  politiche  sociali  -  Direzione  generale  dei  farmaci e dei dispositivi medici tabulati riassuntivi delle comunicazioni di cui al comma precedente.
1-quinquies.  Con  provvedimento  del  Ministro  del  lavoro, della salute  e  delle politiche sociali possono essere stabilite modalita’ per  la  trasmissione  telematica delle comunicazioni di cui ai commi precedenti.».

Art. 2.

1.  La  presente  ordinanza  ha  effetto fino all’entrata in vigore delle disposizioni di revisione del Testo unico richiamate all’art. 1 dell’ordinanza  del  16  giugno 2009 e, in ogni caso, non oltre il 19 giugno 2010.

Art. 3.

1.  La presente ordinanza, che sara’ trasmessa alla Corte dei conti per  la  registrazione, entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 2 luglio 2009
Il Vice Ministro: Fazio

Registrato alla Corte dei conti il 3 luglio 2009 Ufficio  di  controllo  preventivo  sui  Ministeri  dei  servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 5, foglio n. 195

Corte di Cassazione – Condizioni generali di polizza demandanti a perizia medica l’accertamento dell’entità delle lesioni dell’assicurato – Prescrizione
In tema di assicurazioni, nel caso in cui le condizioni generali di polizza demandino ad apposita perizia medica l’accertamento dell’entità delle lesioni per le quali l’assicurato chiede l’indennizzo, affinché tale previsione contrattuale valga a paralizzare il decorso del termine di prescrizione di cui all’art. 2952, secondo comma, cod. civ. fino alla conclusione della perizia, occorre che il sinistro sia stato denunciato alla compagnia di assicurazioni entro l’anno dal giorno in cui si è verificato il fatto generatore di danno. (Nella fattispecie, relativa ad un infortunio sul lavoro, la S.C. ha escluso che fosse prescritto il diritto all’indennizzo dell’assicurato, derivando la prova della sua tempestiva denuncia dal fatto di essere stato sottoposto a visita medica per conto dell’assicurazione prima del decorso dell’anno dal sinistro).
* sentenza: Sez. 3, Sentenza n. 8674 del 09/04/2009

I.N.P.D.A.P.  – Nota 16-6-2009 n. 33 – Indennità di polizia giudiziaria – Comparto Sanità
” Da parte di alcune Sedi sono pervenute richieste di chiarimento in merito alla valutazione ai fini pensionistici dell’indennità di polizia giudiziaria prevista dai CCNNLL del comparto Sanità relativi al personale dei livelli e a quello della dirigenza medica.
Al riguardo, con circolare n. 2 del 15 gennaio 1998, a commento dell’art. 44, comma 2, del CCNL 1994/1997 comparto sanità, è stato stabilito che detta indennità era utile esclusivamente per il calcolo della seconda quota di pensione di cui all’art. 13, lettera b), del D.Lgs. n. 503/1992 mentre, con nota n. 45 del 28 dicembre 2005, relativa al CCNL dei medici e veterinari, l’indennità di polizia giudiziaria, attribuita ai dirigenti medici e veterinari con qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, è stata considerata utile per il calcolo della prima quota di pensione e ciò perché si è ritenuto che la stessa fosse legata ad un incarico di funzione. In questa sede si vuole precisare, anche alla luce dell’interpretazione autentica fornita dall’Aran in merito all’art. 44, comma 2, del CCNL 94-97 del comparto Sanità, che per il personale dei livelli, la relativa indennità può essere valutata nella quota di pensione di cui all’art. 13, lettera a), del D.Lgs. n. 503/1992, a condizione che sia in possesso della qualifica di agente o ufficiale di polizia giudiziaria e che svolga effettivamente detta funzione.
Pertanto, si invitano le Sedi a definire le pensioni in via di liquidazione secondo le istruzioni riportate nella seguente nota operativa; per quanto attiene le pensioni liquidate antecedentemente alle nuove istruzioni, le Sedi sono tenute a provvedere alle eventuali riliquidazioni, previa richiesta degli interessati, nei limiti previsti dall’art. 26 della legge n. 315/1967. Il pagamento degli eventuali ratei spettanti avverrà nei limiti della prescrizione quinquennale.” Il Dirigente generale Dr. Costanzo Gala

Condotta diligente del medico – Conseguenze – Responsabilità del medico – Esclusione – Responsabilità della struttura ospedaliera
In tema di responsabilità civile per danni derivanti dall’esercizio dell’attività medico-chirurgica, la correttezza del comportamento tenuto dal medico, pur comportando il rigetto della domanda di risarcimento proposta nei suo confronti, non esclude la configurabilità di una responsabilità autonoma e diretta della struttura ospedaliera, ove il danno subito dal paziente risulti causalmente riconducibile all’inadempimento delle obbligazioni ad essa facenti carico, in relazione all’insufficienza delle apparecchiature predisposte per affrontare prevedibili emergenze o complicazioni, ovvero al ritardo nel trasferimento del paziente presso un centro ospedaliero attrezzato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che, in riferimento ai danni neurologici riportati da un neonato in conseguenza di un parto prematuro, avevo escluso la responsabilità non solo dal ginecologo e dei pediatri, per avere gli stessi praticato tutta l’assistenza possibile con i mezzi a disposizione, ma anche dell’Asl, pur essendo stato accertato che i rischi connessi al parto avrebbero reso opportuno il ricovero della gestante in una struttura meglio attrezzata).

Illecito omissivo – Nesso di causalità – Accertamento – Criterio della ragionevole probabilità
È configurabile il nesso causale tra il comportamento omissivo del medico ed il pregiudizio subito dal paziente qualora, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si ritenga che l’opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno verificatosi. L’onere della relativa prova grava sul danneggiato, indipendentemente dal grado di difficoltà dell’intervento medico-chirurgico.

CORTE di CASSAZIONE – Medici – Dequalificazione e valutazione nuove mansioni
La equivalenza tra le nuove mansioni e quelle precedenti – che legittima il jus variandi del datore di lavoro – deve essere intesa non solo nel senso di pari valore professionale delle mansioni, considerate nella loro oggettività, ma anche come attitudine delle nuove mansioni a consentire la piena utilizzazione o anche l’arricchimento del patrimonio professionale dal lavoratore acquisito nella pregressa fase del rapporto, precisandosi, inoltre, che il divieto di variazioni in pejus (demansionamento) opera anche quando al lavoratore, nella formale equivalenza delle precedenti e delle nuove mansioni, siano assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, sicché nell’indagine circa tale equivalenza non è sufficiente il riferimento in astratto al livello di categoria, ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente in modo tale da salvaguardare il livello professionale acquisito e da garantire lo svolgimento e l’accrescimento delle sue capacità professionali, con le conseguenti possibilità di miglioramento professionale, in una prospettiva dinamica di valorizzazione delle capacità di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze.
A tal fine, quindi – ha affermato la Corte – l’indagine del giudice di merito deve essere volta a verificare i contenuti concreti dei compiti precedenti e di quelli nuovi onde formulare il giudizio di equivalenza, da fondare sul complesso della contrattazione collettiva e delle determinazioni aziendali.

Condotta diligente del medico – Conseguenze – Responsabilità del medico – Esclusione – Responsabilità della struttura ospedaliera

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