La Suprema Corte ha confermato la condanna del medico in pronta reperibilità – benché chirurgo anziano di cd. “seconda reperibilità” – che utilizzando espressioni sprezzanti e volgari opponeva un indebito e reiterato rifiuto a recarsi nuovamente in ospedale per sottoporre ad ulteriore visita la paziente, nonostante la reiterata richiesta del chirurgo di prima reperibilità e dell’anestesista rianimatore, ossia di due tecnici qualificati, che lo sollecitavano in tal senso, rendendolo edotto del progressivo aggravamento delle condizioni della malata rispetto a quelle da lui constatate all’atto della prima visita. La Corte di Cassazione ha affermato che il chirurgo in servizio di reperibilità, chiamato dal collega già presente in ospedale che ne sollecita la presenza in relazione ad una ravvisata urgenza di intervento chirurgico, deve recarsi subito in reparto e visitare il malato. L’urgenza ed il relativo obbligo di recarsi subito in ospedale per sottoporre a visita il soggetto infermo vengono a configurarsi in termini formali, senza possibilità di sindacato a distanza da parte del chiamato. Ne consegue che il rifiuto penalmente rilevante si consuma con la violazione del suddetto obbligo e la responsabilità non è tecnicamente connessa all’effettiva ricorrenza della prospettata necessità ed urgenza dell’intervento chirurgico (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net)

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