Se il medico di base prescrive un esame radiologico a una donna, deve sempre accertarsi che non sia in stato di gravidanza. Lo stesso vale per lo specialista che deve comunque conoscere con certezza la condizione della paziente. Con la decisione n. 46364, la terza Sezione penale della Cassazione ha sollecitato la classe medica al rispetto di una delle norme più elementari in tema di salute al femminile, ricordando che il prescrivente e, al momento dell’indagine diagnostica o del trattamento, lo specialista devono effettuare un’accurata anamnesi allo scopo di sapere se la donna sia in stato di gravidanza e si informano, nel caso di somministrazione di radiofarmaci, se allatti al seno. A illustrare la sentenza è Sanità, il settimanale del Sole 24 Ore.
«La normativa – scrive Sanità – accoglie quanto previsto dalla direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse a esposizioni mediche. Il caso esaminato risale al gennaio 2005, una donna aveva contestato al proprio medico di medicina generale di non aver effettuato un’accurata anamnesi della propria condizione, ossia non aveva fatto alcuna esplicita domanda per capire se poteva essere incinta, e di aver quindi con superficialità prescritto un esame a raggi X ionizzanti al ventre e all’apparato urinario per capire l’origine dei dolori che l’avevano portata nello studio medico».
«Al medico – conclude l’articolo di Sanità – non è bastato difendersi affermando di aver chiesto all’assistita in una precedente visita, pochi giorni prima del momento della prescrizione, se aveva avuto dolori mestruali, o la data dell’ultimo rapporto sessuale, né è servito invocare la libertà del “modus procedendi” del medico, definito dall’articolo 495, comma 2 del codice di procedura penale».
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